Page 339 - Scenari Sahariani - Libia 1919-1943. La via italiana alla guerra nel deserto
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ra gli ambienti che hanno visto operare le forze armate italiane uno dei più
impegnativi e peculiari è certo il deserto libico con cui il Regio Esercito ha dovuto
T confrontarsi a lungo, imparando a fronteggiare un avversario che ricorreva a
forme di lotta basate sulla sorpresa, sulla mobilità e sulla conoscenza del terreno. Dopo le
illusorie certezze date dalla positiva conclusione del conflitto con la Turchia nel 1912, e la
relativa facilità con cui nel biennio successivo erano state raggiunte e occupate le principali
località dell’interno, il riaccendersi della lotta all’inizio della Grande Guerra aveva portato a
un frettoloso e disastroso ripiegamento sulla costa. Nell’immediato dopoguerra l’adattamento
all’ambiente si accompagnò allo sviluppo di una dottrina di controguerriglia e di controllo
del territorio che, valorizzando l’apporto dei reparti coloniali e con un contributo sempre più
importante della Regia Aeronautica, riprendeva e innovava le soluzioni adottate dalle maggiori
potenze nelle operazioni di empire policing. La componente aerea, utilizzata per funzioni di
ricognizione, collegamento e supporto di fuoco, costituì poi una pedina operativa irrinunciabile
di quell’innovativo esperimento di integrazione interforze che fu il Battaglione Sahariano,
purtroppo smembrato all’inizio del conflitto mondiale. Il dispositivo a presidio del Sahara
Libico, pur sempre fondato sul binomio ali e motori, finì con l’essere vincolato a compiti di
controllo del territorio, e non fu mai in grado di condurre azioni in profondità oltre le linee
nemiche, a similitudine del Long Range Desert Group e dello Special Air Service, a causa di
una carenza di cultura organizzativa e di sempre più pesanti carenze di mezzi e risorse.