Page 323 - I 100 anni dell'elmetto italiano 1915-2015 - Storia del copricapo nazionale da combattimento
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GUERRA FREDDA                                         323






































                                Carabinieri durante un arresto con indosso un elmetto metallico 33

                  Le esigenze tuttavia cambiarono e, soprattutto a partire dalle agitazioni della fine degli anni
               Sessanta, si sentì l’esigenza di dotare il copricapo di protezione anche con una leggera visiera.
                                                                                             495
               Vennero sperimentate delle gabbie reticolari, da fissare lateralmente alla calotta,  che richia-
               mavano le coperture passive degli elmi medioevali o, più recentemente, il caso della maschera
               Dunand. Tali sperimentazioni, artigianali e fuori epoca, furono tuttavia sorpassate dagli eventi.
               Con gradualità ci si orientò verso soluzioni meno invasive e più leggere per chi doveva operare
               per lungo tempo in condizioni ambientali proibitive. Si decise quindi di eliminare il pesante
               acciaio e vennero introdotti modelli in materiale plastico, sufficienti a proteggere da piccoli
               detriti, originati dai tafferugli da strada o manifestazioni di piazza.
               Di questi esemplari, di cui accenneremo solo l’adozione in quegli anni, ne vennero prodotti es-
               senzialmente di due tipologie, rispettivamente per la Pubblica Sicurezza e per i Carabinieri. Ge-
               nericamente chiamati casco Ubott, venivano prodotti con brevetto n. 873164 496  dal Sugherificio
               già F.lli Cassoni già di Busto Arsizio, da LA.MI. Sud di Roma, da MISPA Indumenti Protettivi
               di Torino e da Bomisa di Milano. Erano nella forma identica al 33, ma si differenziavano tra
               loro per il colore: verdastro per la P.S. e grigio per l’Arma, oltre che per il fissaggio della visiera
               mobile fatta di plastica, trasparente e infrangibile. Essa era agganciata a due viti laterali a forma
               di rondelle per le guardie, mentre per i carabinieri era fermata con due piccoli bulloni. Per il
               resto le due versioni erano grosso modo identiche tra loro. L’interno era formato da una cuffia
               nera, simile nelle componenti a quella del 33, con l’aggiunta sulla cupola di un ampio disco di
               gommapiuma. Separava le due parti una croce di tela in cui era stampato il numero di taglia e
               l’etichetta della fabbrica produttrice. Il sottogola, composto a doppia Y anch’esso in pelle nera,


               495 G. Quilichini, op. cit., p. 592.
               496 E. Bossi-Nogueira, L’elmetto Italiano 1915-1971, op. cit., p. 23. Non è stato trovata nessuna informazione in
                   merito presso il relativo fondo dell’ACS.
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