Page 319 - I 100 anni dell'elmetto italiano 1915-2015 - Storia del copricapo nazionale da combattimento
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GUERRA FREDDA                                         319


                                                  Elmetti da parata


                  Il paragrafo precedente offre lo spunto per riprendere in esame il concetto di elmetto da
               parata, di cui avevamo perso le tracce alla vigilia della Seconda guerra mondiale. Una volta
               che la Repubblica guadagnò la sua legittimità istituzionale si rivelò necessario creare anche
               per essa una liturgia civile. Seppure in modo molto meno scenico del passato, le parate militari
               e i picchetti in armi tornarono a riprendere forma a partire dagli anni Cinquanta, nonostante il
               presidente Einaudi fosse refrattario a troppo sfarzo. In questo modo tornò ad essere d’attualità
               l’esigenza di dotare i reparti interessati – ufficiali in primis – di un copricapo di rappresentanza
               meno pesante di quello tradizionale d’acciaio. Abbiamo già riportato il severo giudizio di Viotti
               sul privilegio rivolto ai quadri del Regio Esercito di avere la testa meno appesantita; possiamo
               solo aggiungere che talune parti del corredo individuale rimasero privilegio del grado anche nel
               secondo dopoguerra.
                  E’ così che, al pari dei già citati liner del modello M1, prese il via la fabbricazione e la distri-
               buzione (sempre tramite l’Unione Militare) di un modello 33, la cui calotta venne realizzata in
               plastica o in altro materiale leggero. Del tutto identico all’originale, questa versione permetteva
               di essere indossato senza difficoltà alcuna, visto che anche l’imbottitura era stata modificata per
               un uso civile. Alcune testimonianze poi riportano un suo uso molto più diffuso, con varianti
               anche molto elaborate, soprattutto tra i quadri permanenti dei reparti anche in occasioni di eser-
               citazioni o simili. Questo sempre per la pigrizia di indossare quello normale, senza per questo
               essere scoperti nell’uso di un fuori ordinanza. 490
                  Del resto non sono stati rintracciati documenti ufficiali che autorizzassero queste varianti
               comode dell’elmetto, sia per le parate ufficiali, sia per gli escamotage da caserma. Tuttavia è
               possibile citare il caso della banda dell’Esercito, costituita nel marzo del 1965. Essa iniziò ad
                                                                             491
               adottare l’elmetto nei servizi armati ordinari invernali o estivi.  Nel Regolamento del 1971
               così venne descritto: «E’ in plastica, con caratteristiche estetiche uguali a quello dell’acciaio;
               sull’elmetto viene apposto, al centro della parte anteriore, il fregio pluriarma in metallo argen-
                                                                           493
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               to»,  simile al nuovo emblema nero dell’Accademia Militare,  introdotto nel 1956.





















               Elmetto da parata da generale (1946-1948) con l’ultimo      Elmetto da parata per artiglieria da
               fregio da colonnello (collezione Vitetti)                       campagna (collezione M. Rossi)

               490 M. Gallesi, op. cit., pp. 10-13; http://miles.forumcommunity.net/?t=51318674
               491 S. Ales-A. Viotti, Struttura, uniformi e distintivi dell’Esercito italiano 1946-1970, op. cit., tomo II, pp. 439, 447.
               492 Stato Maggiore dell’Esercito, Regolamento sulle uniformi dell’Esercito, op. cit., p. 167
               493 G. Lundari, Cambio d’abito per il 33. I fregi dell’Esercito Italiano. 1948/1969, op. cit., pp. 6-7.
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