Page 5 - Il sogno del volo - Dalla Terra alla Luna. Da Icaro all'Apollo 11
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PRESENTAZIONE
É con sincera soddisfazione che presentiamo questo di Tolomeo I a emblema delle massime istituzioni statuali,
volume, con cui si completa una trilogia di opere di parti- così come lo fu per l’Esercito di Roma, per le unità napo-
colare taglio scientifico - divulgativo. Questa serie, iniziata leoniche ed altri ancora, fino agli Stati Uniti d’America. Al
con “Fiori della pietraia” sulle svariate innovazioni tecno- contempo, divenne un archetipo da imitare nel tentativo
logiche legate alla prima guerra mondiale e proseguita con di concretizzare il sogno del volo.
“20.000 anni sotto i mari”, rivolto alla storia della conqui- Le sue ampie ali dalle lunghe penne divennero perciò
sta delle profondità marine, affronta ora alcune delle prin- l’elemento caratterizzante delle riproduzioni posticce, da
cipali tappe che segnano lo sforzo dell’uomo per dominare applicare sulle spalle dell’uomo fissandole alle braccia, con
anche lo spazio sopra di sé e realizzare un sogno già vivo l’utopico traguardo di farlo staccare da terra. Ma nessuno,
nell’antichità. pur sbattendo con vigore quelle pennute protesi, si sollevò
Più che di un sogno, tuttavia, si trattò di una sfida tra di un dito e quando le si provò gettandosi dall’alto, si finì
l’uomo e la natura, un duello costellato di molti eroi e in- con lo sfracellarsi al suolo.
numerevoli vittime, una competizione protrattasi per di- Il mito di Dedalo e di Icaro testimonia, nella sua inge-
versi millenni prima di essere vinta. nuità, quella costante ambizione e col tragico epilogo, la
L’aria che avvolge l’intero pianeta stimolò, infatti, sin vanità dei tentativi di imitare gli uccelli. La sequela di quei
dalla più remota preistoria, il desiderio di volare come gli fallimenti, spesso tragici, finì per convincere che non con
uccelli, non diversamente da quanto accaduto nel mare ali posticce, ma solo con supporti meccanici, equivalenti
col nuotare imitando i pesci. E se l’ambiente marino si era delle barche sul mare, si sarebbe potuto viaggiare nel cie-
mostrato come via tutto sommato più comoda, priva di lo. Costatando poi che la navigazione avveniva grazie alla
interruzioni e pendenze, lungo la quale trasportare agevol- vela che catturava l’energia motrice del vento, si pensò che
mente qualsiasi carico avvalendosi della spinta del vento, occorresse qualcosa di analogo anche per sollevarsi.
tutto induceva a credere che, una volta sollevati sulla terra, Del resto, le foglie secche sollevate dal vento erano un
nessun ostacolo avrebbe frustrato gli spostamenti favoriti suggerimento che confortava l’idea della vela orizzontale:
ancora dal vento. Ma al di là di modesti saltelli e rovino- in pratica un leggero graticcio facente da antenna e penno-
se cadute, la conquista dell’aria si rivelò a lungo talmente ne e un telo fissato alle loro estremità.
ostica da far ritenere il cielo del tutto precluso all’uomo, Dalle foglie agli aquiloni il passo fu breve, e ancora più
regno inaccessibile e inviolabile degli dei. Celeste divenne breve costruirli sempre più grandi fino a consentirgli di
perciò l’attributo precipuo della divinità, quale che ne fos- ospitare un passeggero. Marco Polo rievoca quegli ar-
se la religione sottesa, finendo per credere che proprio il dimentosi pionieri dell’aria che, spesso completamente
cielo fosse la destinazione eterna per l’uomo dopo la sua ubriachi, furono fatti ascendere imbracati a quei gigante-
parentesi terrena. schi cervi volanti, riuscendo così per primi a contemplare
L’aquila, fiero animale che domina i cieli, come, impli- la terra dall’alto e, sebbene non sempre, tornarvi incolumi
citamente, le divinità che vi risiedevano, assurse dall’età per altre bevute.
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