Page 11 - Airpower in 20th Century - Doctrines and Employment
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            Vincenzo caMPorini *





                    on potrebbe esserci momento migliore per offrire al pubblico questa raccol-
                    ta di saggi che analizzano da varie angolazioni nazionali (e quindi da varie
            N angolazioni culturali) e con riferimento a periodi storici diversi, ma parte di
            un continuum pienamente coerente, la tematica del potere aereo e del suo indispen-
            sabile contributo all’utilizzo ottimale nella gestione degli affari internazionali dello
            strumento militare, sia in potenza che in atto: l’attualità della pubblicazione deriva
            proprio dalle vicende degli ultimi venti anni, che hanno visto le più diverse modalità
            di impiego delle forze armate con l’applicazione di dottrine quanto mai varie e a vol-
            te contrastanti, dando modo ai commentatori ed agli analisti di sostenere ciascuno la
            propria tesi, spesso in contraddizione l’uno con l’altro.
               Così la prima guerra del Golfo, condotta se si vuole in modo del tutto tradiziona-
            le, ha visto un impiego massiccio e pressoché esclusivo del potere aereo nella prima
            fase, che ha, di fatto, annichilito le capacità delle pur poderose forze terrestri di Sad-
            dam; queste, all’avvio della campagna di superficie, non hanno potuto che opporre
            una debole resistenza, di fatto concretizzatasi in un unico ed infruttuoso tentativo di
            controffensiva, ma erano state così fiaccate dal martellamento aereo da non costitu-
            ire più un reale ostacolo per l’avanzata delle forze della coalizione, che sono state
            fermate prima di arrivare a Bagdad dalla specifica volontà politica di non causare il
            collasso delle strutture istituzionali irakene.
               Con le campagne balcaniche si è assistito invece ad un impiego più politico delle
            forze aeree, con finalità che, accanto a quelle più propriamente operative (il diniego
            per Belgrado di utilizzare mezzi aerei a sostegno delle proprie operazioni terrestri),
            si qualificavano come mezzo di pressione per indurre Milosevic a sottostare alle
            condizioni volute dalla NATO; proprio così si spiega l’efficacia della pur limitata e
            breve campagna di bombardamenti effettuata, anche dai nostri Tornado, nel 1995,
            che indusse i serbi a sedersi al tavolo delle trattative che si conclusero con gli accordi
            di Dayton: un conflitto, dunque, risolto dal solo impiego del mezzo aereo.
               Pochi anni dopo, per la crisi del Kosovo, in un contesto, tutto sommato, analogo,
            ci si illuse di riproporre lo stesso schema: si disse che sarebbero bastati pochi giorni
            di bombardamenti ben calibrati per giungere ad una soluzione politica. Invece per
            piegare la volontà di Milosevic ci vollero quasi tre mesi, nonostante sul terreno la
            guerriglia condotta dalle milizie Kosovare avesse un soddisfacente livello di effica-
            cia; vennero quindi gli accordi di Kumanovo e le truppe della coalizione poterono
            fare il loro ingresso in Kosovo in un quadro permissivo, ma il livello di tensione era
            tale da rendere necessaria la loro presenza sul terreno ben oltre il prevedibile, dando


            *1 Generale A.M., già Capo di Stato Maggiore della Difesa.
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