Page 607 - L'Italia in Guerra. Il quinto anno 1944 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1944-1994)
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               Primo  mondo:  la guerra di liberazione

                    Bastano  poche  cifre  per delineare,  con  il  loro  scarno  ma lapidario
               linguaggio,  il  contributo  di  questi  combattenti.

                    L'Esercito, impegnato su tutti i fronti, in Italia ed all'estero, sostenne
               il peso maggiore della lotta riorganizzando le proprie fila  duramente pro-
               vate  nei  tre  precedenti  anni  di  guerra:
                  una brigata,  5000 uomini il  ] raggruppamento  motorizzato nella fornace
                                              0
                  della  battaglia  del  Garigliano  nel  dicembre  1943;
                  un corpo d'armata formato da due divisioni più i supporti, 20000 uo-
                  mini, il Corpo Italiano di Liberazione nella primavera e nell'estate del  1944
                  per la liberazione dell'Italia centrale fino al Metauro ed alla linea Goti-
                  ca  sugli  Appennini;
                  una armata di sei divisioni, 50 000 uomini i gruppi di combattimento nel-
                  l'inverno del 1944 e nella primavera del 1945 sulla Linea Gotica e nel-
                  la  battaglia  finale;
                  una divisione, la  Garibaldi,  che  in Jugoslavia  non si  arrese ai  tedeschi
                  e  continuò  a  combattere  a  fianco  dei  partigiani  slavi;
                  otto "divisioni ausiliarie", 200 000 uomini che per tutta la durata del-
                  la  campagna assolsero  importanti funzioni  logistiche  nelle  quali si  di-
                  stinsero in modo particolare le "salmerie da combattimento" ed il "genio
                  da  combattimento";
                  carabinieri e finanza,  sia  nella guerra di liberazione sia  in  compiti di
                  istituto.
                    Un contributo così notevole, anche solo dal punto di vista numerico
               e quantitativo  non lo  si  può  dimenticare;  ma  in  questa  sede  non  voglio
              · più ricordare cosa hanno fatto questi uomini, perché ne hanno già parlato
               in modo specifico e dettagliato i relatori colonnello Romano, capo ufficjo
               storico dello S.M.E., e generale Boscardi, direttore del centro studi e ricer-
               che della guerra di liberazione. Con la legittimazione attiva di chi, quando
               aveva vene' anni, ha partecipato alla guerra di liberazione dal primo gior-
               no all'ultimo, da Montelungo a Brescia, voglio fare qualche riflessione. Le
               scelte dei capi e dei gregari furono scelte di campo volontarie. Avrebbero
               potuto andarsene per seguire obiettivi più utilitaristici. Chi li avrebbe po-
               tuti costringere a restare? E chi li  avrebbe potuti perseguire penalmente,
               almeno in un primo tempo? Ciò che fecero lo fecero con piena consapevo-
               lezza.  In contrapposizione, una letteratura denigratoria ha costantemente
               sminuito l'apporto alla liberazione dato volontariamente dalle forze armate.









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