Page 145 - I 100 anni dell'elmetto italiano 1915-2015 - Storia del copricapo nazionale da combattimento
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ANNI TRENTA 145
I progetti dell’Arsenale di Torino del nuovo tipo: ELMETTO Mod. 1933
La calotta semisferica, che usciva dallo stampo, era a spigolo vivo e con leggero arrotonda-
mento all’infuori. Creava per altro una maggiore protezione delle orecchie, dando una linea ar-
monica ai lati. Il bordo posteriore era rialzato: forniva minore protezione alla nuca, ma permet-
teva una disinvoltura maggiore in caso di posizione sdraiata del soldato. A quel punto venivano
realizzati, tramite bucatura a freddo, tre fori: due laterali un po’ spostati in avanti e uno centrale
posteriore. Questi avevano la doppia funzione di reggere con altrettanti rivetti forati lo scheletro
interno e di garantire un’adeguata circolazione dell’aria. Prima però di applicarvi l’imbottitura,
la calotta era trattata termicamente a 900°, per confermare la robustezza della lega metallica.
Le citate tre coppiglie d’aerazione, una volta nei fori, si aprivano a petalo, fermando l’artico-
lato cerchione interno, a cui si applicava l’imbottitura di pelle marrone. L’interno rappresentava
per l’epoca l’elemento più innovatore dell’intero modello. Lo scheletro fissato alla calotta era
d’acciaio flessibile a due terzi di cerchio, su cui era impressa a punzone la sottotaglia assegnata,
anteposta spesso da una lettera. Questo elemento era unito, tramite cinque segmenti forati (due
e due sui fianchi e uno dietro), a sua volta a un cerchio completo, più leggero e flessibile, sempre
in lamina d’acciaio, sottostante 16 mm più in basso. Non erano presenti saldature, per evitare
qualsiasi violazione alla consistenza della lega. L’assemblaggio era infatti ottenuto con ribattini
pieni o forati, che sul fianco legavano anche due linguette d’alluminio, utilizzate per unire gli
anelli reggisoggolo. Sul margine superiore presentava sei gruppi di cinque fori, più due doppi ai
lati per l’aereazione, mentre sul margine inferiore aveva dodici fori, per l’aggancio della pelle
e del feltro (di cui si parlerà) a mezzo di altrettanti ferma-campioni. Questi erano metallici, con
testa sporgente nella parte laterale dell’imbottitura.
In questo modo allo scheletro metallico era in parte agganciata l’imbottitura vera e propria,
che distingueva le sottotaglie di girotesta. Essa era fatta con una cuffia di pelle di capra color
giallo naturale, conciata al cromo, sviluppata in otto lingue, che a meridiani avvolgevano la
sommità della testa. Su ognuna di queste c’era una serie di cinque fori più altri cinque alla
base, sulla fascia di congiunzione, che era chiusa ad anello con una cucitura a “=” o a “Z”,
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più raramente a “clessidra”. Le lingue rivolte verso l’alto della calotta, tramite un ulteriore
226 Ancora oggi è diffusa convinzione il ritenere la cucitura a “Z” posteriore alla guerra, anche se reiterati studi e
ampie ricerche ne hanno certificato anche il precedente e largo uso.

