Page 155 - Lanzarotto Malocello from Italy to the Canary Islands
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dall’Italia alle Canarie                                              155



                  Vi è anche un discorso di luce.
                  Naturalmente luce riferita agli occhi: essi, sia per il movimento di cui
               sono capaci, sia per la forza penetrativa, l’acutezza, e la forma, assomiglia-
               no a dei fari che perlustrano realtà ravvicinate e orizzonti. Si dirà: l’oriz-
               zonte è poetico, gli orizzonti sono logici; il primo contiene quell’elemento
               metafisico che pare attenuato quando il plurale assolve al suo compito di
               mutazione. Nell’orizzonte l’ignoto corrisponde ad una necessità di natura
               superiore e, inconsciamente, un avvistamento, una epifania, hanno come
               presupposto il singolare; negli orizzonti si spazia per ragioni più umane,
               per poter promuovere al meglio la nostra manovra, il nostro agire.
                  “Un uomo di orizzonti limitati” – si dice accreditando dunque ad un
               individuo l’incapacità di concepire un oltre. Ancora: “un uomo che non
               riesce a guardare più in là del proprio naso.” Tutto vero. Grandezza del
               luogo comune.
                  In entrambi i casi citati, quello che manca è l’oltre. Quell’oltre richiesto
               per una soddisfazione interiore. Non si dirà mai: “È un uomo di orizzon-
               te limitato”, e questo perché al singolare il significato pare distaccarsi da
               terra, prendere le distanze da noi, sembra riguardarci ancora ma fino ad un
               certo punto.
                  Nei navigatori, crediamo, si parli di “orizzonte” innanzitutto.
                  È il singolare che chiama involontariamente in causa il divino.
                  Il progetto, l’allestimento della flotta, le relazioni, il mito di mettersi
               per mare: tutto vero. Anche perché un navigatore, già per questa sua atti-
               tudine, per questa scelta di porsi come “antagonista” dell’oceano avrà una
               resa in termini materiali, senz’altro. (Anche, forse, un accelerazione del
               suo divenire quanto a logorio fisico e mentale). Ma vi sarà anche un altro
               elemento che ne modificherà in meglio la figura, ovvero l’essere il facitore
               di storia. Sarà lui, al pari del regnante, di un militare, d’uno scienziato,
               di un filosofo, di un dotto in generale, di un santo, sarà lui, si diceva, che
               risulterà. Che risalterà. Appena una vocale diversa, u e a, ma con lo stes-
               so contenuto di senso. Dunque l’assunto che la Storia è tracciata da chi
               osa, da chi s’espone, da chi argomenta e non già dall’anonimo dall’uomo
               indistinto nella folla della Storia (risarcito quest’ultimo soltanto nelle tele
               dei maestri ma contraddistinto sempre dalla sua impossibilità di emergere
               come identità).
                  In un moto di piazza, in un tumulto, vi sarà la possibilità d’una distin-
               zione: dalla folla si staccherà un individuo e sarà lui, fino a pochi istanti
               prima parte del monoblocco urlante, ad annunciarsi. Il suo fuoriuscire sarà
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