Page 47 - Lanzarotto Malocello from Italy to the Canary Islands
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dall’Italia alle Canarie                                              47



                         ulla di più della scarna testimonianza relativa allo sfortunato
                         tentativo operato nel 1291 da Ugolino e Vadino Vivaldi di “re-
               N carsi alle Indie portando con sé le merci utili”, trasmessaci da
               Jacopo Doria negli Annali genovesi , ci può aiutare a capire come già nella
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               seconda metà del Duecento negli ambienti economici e commerciali più
               attivi ed intraprendenti dell’area mediterranea avesse cominciato a prendere
               corpo l’esigenza, rivendicata con orgoglio nelle cronache cittadine, di ricer-
               care ed aprire nuove vie di accesso al continente asiatico circumnavigan-
               do l’Africa od attraversando l’Oceano Atlantico, quindi con la rottura delle
               barriere dei tanti universi chiusi fino ad allora in se stessi. Questo processo
               avrebbe consentito, tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, a
               Vasco de Gama di approdare sulla costa del Deccan, a Cristoforo Colombo
               di giungere alle Antille, a Vasco Nunez de Balboa di affacciarsi sul Pacifico
               ed a Ferdinando Magellano di realizzare la prima circumnavigazione del
               globo, dando un contributo decisivo al cambiamento radicale di una conce-
               zione del mondo alimentata per secoli dall’immaginario religioso, nell’am-
               bito della quale lo spazio era stato considerato non come un bene posseduto
               od un qualcosa da conquistare, ma come un dono di Dio, pregno quindi di
               significati simbolici in grado di ricondurre sempre la realtà fisica ad un inse-
               gnamento morale e religioso.
                  Si trattò tuttavia di un processo contradditorio proprio per l’insieme degli
               elementi che l’esplosione planetaria del mondo cristiano ed il conseguente
               cambiamento del rapporto tra l’uomo e lo spazio avrebbero messo in discus-
               sione e che invece la cultura del tempo avrebbe continuato a ribadire ed a
               riproporre, come ci dimostra il canto dell’Inferno dedicato al “folle volo” di
               Ulisse, se si accetta l’ipotesi, avanzata da alcuni studiosi, che Dante, il quale
               redasse questo canto nei primi anni del Trecento, si possa essere rifatto in
               questo caso proprio alla vicenda dei fratelli Vivaldi, facendo naufragare la
               nave dell’eroe omerico nei pressi della montagna del Paradiso per avere
               osato sfidare i limiti posti da Dio alla conoscenza dell’uomo, simboleggiati
               da “quella foce stretta / dove Ercole segnò li suoi riguardi / acciò che l’uomo
               più oltre non si metta”.
                  Nulla di folle e di irrazionale c’era, invece, nel tentativo dei fratelli Vi-
               valdi, che si può considerare una spedizione concepita e maturata con la
               precisa consapevolezza delle nuove esigenze da affrontare e da risolvere


               1  Annali genovesi di Caffaro e dei suoi continuatori, a cura di C. Imperiale di
                  Sant’Angelo, Roma, 1929, V, p. 124.
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