Page 234 - La rappresentazione della Grande Guerra nel concorso della Regina Elena del 1934
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            GUGLIELMO PECORI GIRALDI

            Borgo San Lorenzo, Firenze, 1856 – Firenze, 1941

            Guglielmo Pecori Giraldi nacque in una nobile famiglia toscana con una spiccata vocazione per le armi. Il nonno aveva
            preso parte alla campagna di Russia con l’imperatore Napoleone e il padre aveva combattuto con i volontari toscani nel
            1848 a Mentana. Il conte Guglielmo Pecori Giraldi percorse tutte le tappe curriculum militare dei giovani ufficiali destinati
            a una luminosa carriera: Scuola Militare di Modena, Accademia Militare di Torino, Scuola di Guerra e nel 1885 accesso al
            Corpo di Stato Maggiore. Due anni dopo, su sua richiesta fu inviato in Eritrea con la spedizione del generale Alessandro
            Asinari di San Marzano e qui sperimentò tecnologie militari innovative come l’osservazione da aerostati e il telegrafo ottico.
            Due anni più tardi, di nuovo in Italia, fu assegnato al Corpo d’Armata di Napoli, poi, promosso maggiore, al 28° Reggimento
            della Brigata Toscana. Nel 1895 si recò in Alsazia-Lorena e nel salisburghese in missione di studio per conto dello Stato Mag-
            giore; tornò poi in Eritrea nel 1896 con il generale Baldissera e sbarcò nella colonia italiana tre giorni dopo la disfatta di
            Adua. Rientrato in Patria, promosso tenente colonnello, prestò servizio al Ministero della Guerra fino al 1903 quando fu in-
            viato per la terza volta in Africa Orientale come comandante delle truppe coloniali dell’Eritrea. Con la guerra italo-turca, a
            Pecori Giraldi fu affidato il comando di una delle due divisioni, la Messina, in cui era inquadrato il contingente italiano. Im-
            preparazione, poca conoscenza dei luoghi, errori nella trasmissione degli ordini portarono a una serie di gravi rovesci delle
            armi italiane in Tripolitania. Richiamato dal ministro della Guerra Paolo Spingardi, fu collocato a riposo alla fine del 1911.
            Così all’età di cinquantasei anni la carriera del conte Pecori Giraldi sembrava conclusa con una pesante mortificazione. Tut-
            tavia, l’intrepido generale non si arrese e ottenne dal Consiglio di Stato l’annullamento del provvedimento che gli consentì
            almeno l’iscrizione nella riserva. Alla vigilia della guerra contro gli Imperi centrali, Luigi Cadorna, da sempre suo convinto
            estimatore, lo richiamò in servizio e il conte toscano ripagò ampiamente il Comandante Supremo della fiducia accordatagli.
            Al comando del VII Corpo d’Armata sul Carso nel settore Ronchi - Monfalcone dimostrò di saper affrontare le situazioni
            più critiche con competenza e con grande tenacia e fu decorato con una Medaglia d’Argento nel 1916. Nel maggio dello
            stesso anno sostituì Roberto Brusati al comando della 1^ Armata schierata su una linea del fronte che partiva dallo Stelvio
            e terminava sugli altopiani vicentini. Le sue unità tennero testa al nemico durante la Strafexpedition e grazie alle sue direttive
            le truppe italiane poterono rioccupare le posizioni inizialmente perdute. Nella fase decisiva del conflitto guidando l’avanzata
            della 1^ Armata su Rovereto e Trento determinò il crollo delle difese nemiche. Il 3 novembre Pecori Giraldi divenne il primo
            governatore militare e civile della città di Trento, poi governatore dell’Ampezzano e dell’Alto Adige dimostrando grande
            equilibrio nella delicata gestione dei territori appena liberati.
            Nel 1919 fu nominato senatore del Regno e nel novembre divenne generale d’esercito, il grado più alto nella gerarchia militare
            italiana. Nel 1930 fu insignito del collare dell’Ordine dell’Annunziata. Costituì e presiedette la Fondazione 3 novembre 1918 che
            promosse la costruzione dell’ossario del Pasubio, dove per sua espressa volontà la sua salma fu tumulata nel 1953.



            TRENTO, 3 NOVEMBRE 1918, LA BATTAGLIA DI VITTORIO VENETO

            “Da cinquant’anni li aspettavo: ora posso morire contento”

            Il 2 novembre la 1^ Armata si spingeva all’attacco attraverso la Vallagarina per raggiungere Trento e tagliare così la via della
            ritirata alle unità austro-ungariche che stavano ripiegando dagli Altipiani, dalla valle del Brenta e dal Lago di Garda. A sera
            era stata finalmente raggiunta Rovereto. Nel pomeriggio del 3 novembre, primi ad entrare in Trento furono i militari dell’ar-
            mata guidata dal generale Guglielmo Pecori Giraldi. Il 16° Reggimento Cavalleggeri d’Alessandria attraversò il torrente Fersina
            sul ponte che oggi è a loro intitolato e si diresse verso il centro dell’abitato tra l’entusiasmo e la commozione irrefrenabile
            dei cittadini. Una delle città simbolo della Grande Guerra era stata liberata, l’altra, Trieste, lo sarebbe stata poche ore dopo.
            L’Impero austro-ungarico non esisteva più, il nemico secolare dell’Italia abbandonava per sempre il territorio nazionale
            mentre sul Castello del Buonconsiglio, dove gli irredentisti Cesare Battisti, Fabio Filzi, Damiano Chiesa condannati dal tri-
            bunale militare austriaco avevano perso la vita, era stato ora issato il tricolore.
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