Page 13 - 150° Anniversario II Guerra d'Indipendenza - Atti 5-6 novembre 2009
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introduzione 13
l’Austria a dichiarare guerra al Piemonte. Perché il patto con la Francia era
un patto difensivo, doveva dichiarare guerra l’Austria altrimenti Napoleone
non sarebbe intervenuto e Cavour riesce, tesse, chiama Garibaldi, gli affida il
comando dei Cacciatori delle Alpi. Sapeva che era quella che oggi definiremo
una provocazione, la provocazione, perché i Cacciatori delle Alpi, erano for-
mati prevalentemente da fuoriusciti lombardo-veneti, che dal suo punto di
vista l’Austria considerava traditori. È un’altra provocazione che si aggiunge
alle tante; quando l’Austria cade nel tranello di quell’uomo di quel piccolo
Stato Italiano, che è il Piemonte, Napoleone tiene fede all’impegno. Assume
il comando e inizia quella che è una tappa fondamentale dell’Unità Nazionale.
Certo l’esito è diverso da quello che Cavour sperava; c’è uno stop, un’armi-
stizio, c’è Villafranca, c’è un momento di indietreggiamento rispetto alle
aspettative piemontesi che, immaginavano già quell’anno, di poter dar vita al
Regno d’Italia. Ce ne vorranno altri due di anni, in cui forse senza il peso
della Presidenza, del Premierato, come lo chiameremmo oggi, Cavour può
dedicarsi ancora di più. Fin quando, nel ’60, ritornerà Primo Ministro a tes-
sere tutto quello che occorreva tessere per arrivare poi, nel ’61, a proclamare
il Regno d’Italia.
Arrivare alla fine di quel percorso che, era iniziato già da diversi anni e
che aveva fatto del piccolo Stato del Piemonte, lo Stato che veniva visto dalla
borghesia illuminata, da tutti coloro che anelavano all’Unità all’indipenden-
za, alla libertà, nel segno dei valori della rivoluzione francese, fa vedere nel
Piemonte, lo Stato che ce la può fare.
Poi ci sarà Garibaldi, poi ci sarà il Re che gli dice ora mettetevi pure dietro
che da ora ci penso io, e poi ci saranno naturalmente altri soggetti importanti,
lo stesso Mazzini che ha una valenza doppia, di grande stimolo all’Unità
nazionale dal punto di vista culturale, dalla grande modernità, ma anche di
freno per la paura che è stata appena ricordata, degli stati monarchici o impe-
riali, della propaganda repubblicana come oggi la potremmo definire. Grandi
soggetti, Garibaldi, il Re, Mazzini e tanti altri eroi conosciuti e sconosciuti,
ma senza Camillo Benso di Cavour, credo che si possa affermare, che l’Uni-
tà nazionale sarebbe arrivata forse lo stesso, ma chissà come, chissà quando,
chissà in quale forma. Io mi scuso se, anziché un saluto punto e basta, ho
voluto anch’io parlare di Camillo Benso di Cavour. Non dico dare un contri-
buto, perché erano cose tutte note, ma avere la possibilità di esprimere da
parte mia, un ricordo, ecco questo si, un riconoscimento a quello che credo
sia veramente un grande uomo. Oggi quell’insegnamento è ancora importan-
te, importante come dicevo prima, sulla presenza italiana negli organismi e