Page 312 - Il Risorgimento e l'Europa - Attori e protagonisti dell’Unità d’Italia nel 150° anniversario - Atti 9-10 novembre 2010
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            re, al più presto, le due regioni, non senza aver fatto ricorso, quasi per faccia-
            ta, ad apposite operazioni  di plebisciti  popolari  che dovevano conferire  a
            questa cessione una piena conferma dell’evidente volontà delle popolazioni
            nizzarde e savoiarde. Il testo del trattato nel suo primo articolo faceva della
            cessione l’oggetto del documento affermando la volontà dei due sovrani di
            addivenire comunque a questo trapasso:

               « S.M. le Roi de Sardaigne consent à la réunion de la Savoie et de l’ar-
            rondissement de Nice (circondario di Nizza) à la France et renonce... ».

               Nello stesso articolo era fatto cenno alla ‘volontà delle popolazioni’, ma
            dal contesto degli otto articoli del trattato, tale affermazione assumeva, in
            realtà, il valore di un elemento del tutto accessorio, poiché appariva chiaro
            che l’esito di quella ‘volontà’ era già stato stabilito  dai sovrani firmatari.
            Basta  leggere  gli  articoli,  dopo il  primo,  nei  quali  venivano  minutamente
            indicati modi e fasi della presa di possesso della Francia dei due territori per
            fare apparire chiaramente il valore inesistente dell’annunciato ricorso ai ple-
            bisciti i quali, dovevano confermare le volontà dei sovrani. Infatti, se questo
            era il documento pubblico del trattato, veniva pure firmato, lo stesso giorno,
            un Memorandum segreto, il quale superando ogni esito negativo dei risultati
            dei due plebisciti, dava in sostanza già per acquisito il voto favorevole dei
            plebisciti, disponendo, fin da allora, lo spostamento delle autorità locali non
            originarie, il ritiro dei militari piemontesi e l’apprestamento di ogni facilita-
            zione piemontese per i militari e le autorità francesi che stavano per giungere
            nelle regioni cedute. Da questo documento si possono avere le prove del fatto
            compiuto  che ‘ignorava’ totalmente  l’incertezza  dell’esito  dei  plebisciti,
            dando ad esso il solo valore di un apparato di propaganda che avrebbe in ogni
            caso ‘coperto’ con i vari risultati le decisioni dei sovrani. Ed a giusto titolo,
            un commentatore fascista, l’Amicucci poté successivamente sottolineare la
            falsità ideologica di un ricorso ad un consenso popolare che era solo il frutto
            di una meditata scelta del governo che avrebbe, in ogni caso, imposta la solu-
            zione voluta dalla Francia e subìta dalla Sardegna.
               E la conferma non manca: il re Vittorio Emanuele II, che possiamo consi-
            derare  quale  sovrano ‘depredato’,  giunse ad esortare  gli  elettori,  con il
            Proclama del 1° aprile 1860, ad accettare la secessione con argomenti che
            vanno citati  per dare al consenso pubblico un significato positivo che, in
            realtà, non possedeva. Per il sovrano piemontese, non si trattava solo di rico-
            noscenza  verso la Francia  per avere  sostenuto con le armi la causa del
            Piemonte in guerra, ma di accettare la richiesta imperiale che faceva pesare
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