Page 304 - Il 1917 l'anno della svolta - Atti 25-26 ottobre 2017
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                                          ad uno scontro corpo a corpo tra opposte azioni
                                          d’attacco in cui le rispettive mitragliatrici apri-
                                          rono il fuoco a distanze inferiori ai 30 metri. Da
                                          una parte e dall’altra fu una carneficina; in cui
                                          gli italiani poterono contare principalmente sul
                                          vantaggio offerto dal numero, e nemmeno l’ab-
                                          negazione  degli  assaltatori  sloveni,  che ven-
                                          nero letteralmente  sterminati ,  fu  sufficiente
                                                                     22
                                          a garantire l’occupazione duratura della cima.
                                          La sera del 15 giugno la situazione era tornata
                                          ad essere quella del 10, con gli italiani in saldo
                                          possesso della quota ed una reputazione, quella
                                          dei comandanti austriaci di Brigata e di Divisio-
                                          ne, che cominciava ad essere seriamente messa
                                          in crisi.
             26. Il ten. Col. Seydl, assoluto pro-
             tagonista della difesa sul versante   I problemi  in  realtà  non mancavano  nem-
             occidentale dell’ortigara col suo 7°   meno da parte italiana e fra gli stessi comandi
             Feldjager Baron              erano in parecchi a nutrire serie perplessità sul
                                          mantenimento di quel cocuzzolo, tanto difficile
             da rifornire e senza reali prospettive di un serio sviluppo tattico. Se l’obiettivo
             del piano di Cadorna era stato il raggiungimento, “per cresta”, della sommità
             del Portule, i poco più di cento metri in profondità ottenuti esclusivamente sulla
             Q.2101 non offrivano garanzie di sorta, soprattutto a fronte di un difensore che
             non appariva minimamente intenzionato a cedere, non parliamo di crollare. Gli
             alpini, in particolare, avevano dal canto loro un conto aperto con avversari di cui
             avevano respinto, pagando comunque un prezzo altissimo e perdendo molti dei
             migliori ufficiali, ormai quattro contrattacchi: non era semplice optare per una
             rinuncia. Era chiaro peraltro al comando della 6ª Armata che la partita non si sa-
             rebbe risolta sull’Ortigara, o almeno non solo sulle sue quote. Occorreva ripetere
             in toto l’azione del 10, sfondando anche sullo Zebio o perlomeno minacciando
             seriamente il Forno ed il fianco destro del Chiesa, in modo da impedire agli
             austriaci di impiegare senza problemi le proprie riserve nel solo punto in cui si
             profilava la minaccia. La 6ª Armata italiana, a dispetto dello spreco delle unità
             migliori avvenuto nella giornata del 10, con fenomeni di abbandono della linea
             da parte di reparti ritenuti fra i più affidabili, riteneva di poter ancora contare su
             forze tali da operare lo sfondamento. L’attacco venne quindi pianificato per il 19.
             E una volta tanto anche Giove pluvio decise di restare a guardare: il 19 il tempo


             22  Per il contributo del 17° Reggimento k.u.k. alla battaglia dell’Ortigara si veda il resoconto del
                Ten.Col. della riserva Otto von Kiesewetter tradotto in Pozzato, Dal Molin, Inedito dall’Orti-
                gara, cit., pp. 11-28.
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