Page 6 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
P. 6

6                                               il 1918. la Vittoria e il Sacrificio



             Regio Esercito. L’austria-Ungheria iniziava infatti a scricchiolare. Le enormi
             perdite della guerra e la carestia stavano progressivamente erodendo i vinco-
             li che tenevano unite le diverse nazionalità nella duplice compagine imperial-
             regia. La vittoria sull’Italia e sulla Russia aveva momentaneamente rinsaldato
             il morale dell’esercito e le forti perdite subite dall’Italia, come anche la grande
             disponibilità di reparti ritirasti dal fronte orientale mettevano Vienna in condizio-
             ne di tentare un ultimo azzardo offensivo. Se si fosse riusciti a sfondare le linee
             italiane sul piave si poteva ragionevolmente sperare di provocare un secondo
             cedimento generale del fronte italiano, che stavolta gli alleati, impegnati dalle
             offensive tedesche, non avrebbero potuto arginare. Secondo alcuni ottimisti, le
             truppe imperiali avrebbero potuto arrivare fino alle alpi francesi, e forse oltre in
             caso di sfondamento del fronte occidentale da parte dei tedeschi. Forse la guerra
             sarebbe finita col ricongiungimento con gli alleati tedeschi a Lione.
                Le condizioni italiane del resto non erano facili. Il successo della prima bat-
             taglia del piave aveva dato una positiva scossa al paese, che ora era impegnato
             nello sforzo spasmodico di ricostituire l’armamento perduto a Caporetto, mentre
             cibo e materie prima affluivano in gran quantità nei porti. anche la politica na-
             zionale, messe da parte le divisioni, si era ricompattata nel momento del pericolo.
                L’Esercito tuttavia era in grosso debito di uomini. Le perdite fin lì sopporta-
             te erano gravi, e per ripianarle il paese stava giungendo al limite della sua pur
             notevole capacità demografica. Richiamata anche la classe 1899, preparata la
             classe 1900, non rimaneva altro cui attingere. L’agricoltura, ancora arretrata, non
             poteva perdere altre braccia, così come l’apparato industriale. La Francia non
             intendeva restituire gli operai militarizzati inviati l’anno precedente, e indispen-
             sabili alla sua economia, né c’era da sperare in un invio significativo di soldati
             statunitensi. Il generale pershing, il “banchiere delle divisioni” era stato chiaro:
             i suoi soldati avrebbero combattuto solo in Francia.
                Il nuovo Capo di Stato Maggiore italiano Diaz doveva quindi ricostituire la
             capacità offensiva dell’esercito in condizioni inedite: limitate risorse umane, de-
             stinate a ridursi ulteriormente, relativa abbondanza di cibo ed equipaggiamenti
             destinata, scarsezza di armi e munizioni destinata però ad aumentare rapidamen-
             te.
                L’inverno e la primavera 1918 trascorsero così in una attesa febbrile, mentre
             in Francia si susseguivano una dopo l’altra le offensiva tedesche.
                Diaz mise mano innanzitutto alle strutture di vertice, improvvisate nell’e-
             mergenza dell’autunno 1917. Completato il primo riordino delle unità sbandate
             dopo la ritirata, ora in larga parte ricostituite e in corso di riapprontamento nei
             campi del retrofronte, il Sottocapo di Stato Maggiore Badoglio venne destinato
             alle operazioni, coadiuvato dal brillate colonnello Cavallero. L’altro Sottocapo,
             il generale Giardino, fu destinato a Versailles, rappresentante al Consiglio inte-
             ralleato in sostituzione del generale Cadorna, richiamato per comparire di fronte
   1   2   3   4   5   6   7   8   9   10   11