Page 382 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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alfonso manzo


                03.09.1982. Via Isidoro Carini di
                Palermo poco dopo l’eccidio del
                Prefetto dalla Chiesa, della seconda
                moglie Emmanuela Setti Carraro e
                del ferimento dell’Agente di P.S. Do-
                menico Russo. Foto Archivio L’Ora










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                                              chese, Vincenzo Galatolo, Nino Madonia, insieme ai collaboratori di giustizia Fran-
                                              cesco Paolo Anzelmo e Calogero Ganci) e dei cosiddetti «mandanti interni» a Cosa
                                              Nostra (Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Pippo Calò, Bernardo
                                              Brusca e Nenè Geraci) .
                                                                   1
                                              Si rende necessario, a questo punto, ripercorrere la breve ma intensissima parabola
                                              tracciata dal Prefetto dalla Chiesa in quei 123 giorni che rappresentarono la fase
                                              conclusiva della sua vita. E che, forse, rappresenteranno l’inizio di un nuovo percorso
                                              di speranza dei palermitani onesti.
                                              A quel tempo la compagine governativa era guidata da Giovanni Spadolini, ministro
                                              degli Interni era Virginio Rognoni. Presidente della Regione siciliana era l’andreot-
                                              tiano Mario d’Acquisto. Nell’isola, gran parte del potere politico reale era nelle mani
                                              di Salvo Lima, Vito Ciancimino e Aristide Gunnella. In quegli anni, politici di spicco
                                              e blasonati intellettuali sostenevano che erano stati definitamente recisi i rapporti
                                              tra politica e mafia, parola quest’ultima pronunciata sempre con molta prudenza.


                                              1  «Era il 7 giugno 1996, una serata di venerdì, quando al termine di un’udienza nell’aula bunker
                                              di Caltanissetta del processo di I grado nei confronti dei responsabili della strage di Capaci, il
                                              maresciallo Cimino mi informò che l’imputato Calogero Ganci voleva parlarmi.
                                              Poco dopo lo raggiunsi al carcere nisseno e iniziò a collaborare con la giustizia: ammise di aver
                                              partecipato a innumerevoli stragi e omicidi, che avevano segnato la storia di cosa nostra dagli
                                              inizi degli anni Ottanta, fra i quali, i plurimi omicidi, eseguiti il 3 settembre 1982, in via Isidoro
                                              Carini, a Palermo, del generale piemontese, divenuto prefetto di Palermo, Carlo Alberto dalla
                                              Chiesa, la giovane moglie, sposata in seconde nozze da nemmeno due mesi, Emmanuela Setti
                                              Carraro e l’agente Domenico Russo.
                                              Spiegò di aver guidato l’auto dalla quale Antonino Madonia aveva iniziato a sparare con il ka-
                                              lashnikov, crivellando di colpi Setti Carraro e la figura quasi leggendaria del generale, che aveva
                                              saputo combattere il terrorismo di sinistra, che apertamente aveva osato sfidare cosa nostra,
                                              venendo in Sicilia, che aveva conosciuto da capitano a Corleone e da comandante della legione
                                              carabinieri Sicilia. Negli interrogatori successivi, Ganci indicò i tredici componenti del commando
                                              operativo e le modalità organizzative ed esecutive dell’agguato. Il 12 luglio seguente, lo seguì nella
                                              scelta collaborativa il cugino Francesco Paolo Anzelmo. Senza di loro non si sarebbe mai giunti
                                              a individuare e a condannare i responsabili dei tre omicidi» (tratto dall’articolo del 2 settembre
                                              2022 del Dott. Luca Tescaroli su Libera Informazione).
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