Page 138 - I 100 anni dell'elmetto italiano 1915-2015 - Storia del copricapo nazionale da combattimento
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                             Vista frontale e laterale del nuovo tipo – modello 31 (collezione Schiavilla)

                  Nonostante la tronfia retorica, il futuro modello 31, che all’epoca venne identificato sem-
               plicemente come «nuovo tipo» in contrapposizione al «vecchio tipo» (l’Adrian in ogni sua
               diversa variante), aveva ancora elementi non all’altezza dello standard richiesto. Era di sicuro
               più solido ed efficace del precedente, non fosse altro per la forma semisferica, orientata verso
               la dispersione balistica. Nascondeva tuttavia ancora un carattere antiquato, anche per l’epoca.
               Forse però, proprio per questo strano connubio di tradizione e innovazione, risulterà in sinto-
               nia – come vedremo – con la velleitaria politica proto-imperiale di Mussolini. Esso avrebbe
               acquisito un’importanza allegorica di primo piano, sia in pace sia in guerra, anche in funzione
               dei riferimenti all’antica Roma.
                  Il manufatto venne realizzato con una tecnica molto elaborata, che creava difficoltà nella pro-
               duzione, oltre ad incidere sul costo finale. Trovò molte resistenze ad essere introdotto su vasta
               scala, nonostante il regime lo considerasse sin da subito un prodotto da esibizione, necessario
               per le parate e per le rappresentazioni delle virtù guerriere della nuova romanità. Il commento
               di un cinegiornale Luce, dal titolo Il nuovo tipo di elmetto metallico adottato dal R. Esercito del
               30 settembre 1932, che lo presentò al grande pubblico, ne è una chiara testimonianza:
                  «La ragione innovativa, che ha determinato lo studio e la conseguente adozione di un nuovo
               elmetto metallico, è dovuta alla opportunità di avere un elmetto più resistente di quello impiegato
               in passato. Si sono adoperati acciai speciali, che con poche centinaia di grammi  di aumento
               di peso, garantiscono una resistenza di gran lunga superiore. La nuova forma adottata, pur non
               sembrando esteticamente migliore di quella del nostro attuale elmetto, è tuttavia opportuna
               per conciliare le esigenze, a volte contrastanti, dell’estetica, dell’igiene e della resistenza. Un
               accurato studio del sistema di attacco delle guarnizioni interne concorre a rendere più efficace
               il nuovo mezzo protettivo».

                  Nonostante la ridondante retorica del cinegiornale, in effetti l’elmetto modello 31 era carat-
               terizzato da forte robustezza e da disegno rivoluzionario. Lineare e pratico, era formato da una
               compatta calotta d’acciaio al nichel. I bordi erano leggermente svasati all’esterno: anteriormen-
               te a punta e lateralmente più bassi sulle orecchie e sulla nuca, così da proteggerli. Il disegno
               era essenziale, ma con un evidente elemento retrò: ereditò dal precedente Adrian un allungato
               sfiatatoio cupolare, coperto da una piccola cresta, fissata alla cupola con due o tre linguette.
               All’interno della calotta, tramite quattro ribattini ortogonali tra di loro, era fissato un anello
               di alluminio. A questo cerchio era agganciata l’imbottitura interna, realizzata da tre cuscinetti
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