Page 139 - I 100 anni dell'elmetto italiano 1915-2015 - Storia del copricapo nazionale da combattimento
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ANNI TRENTA 139
Particolari del nuovo tipo – modello 31
(collezione Schiavilla)
di pelle di capra di color marrone chiaro. Essi erano cuciti sul lato scamosciato e nella parte
interna erano riempiti con paglia e crine, così da creare uno spessore tra la testa e la calotta me-
tallica. Nella parte opposta a quella fissata al cerchio, i cuscinetti si sviluppavano in due lingue
parallele, ornate al loro apice di anelli metallici, dentro i quali passava il lacciuolo per la rego-
lazione. Il complesso interno era molto simile a quello in uso negli elmetti degli Imperi centrali,
durante la guerra mondiale, e a quanto approntato in alcuni modelli svedesi degli anni Venti e
Trenta. Probabilmente questo aspetto fu influenzato proprio dalla partecipazione di diverse ditte
scandinave ai citati reiterati bandi, emanati dall’Amministrazione militare tra il 1929 e il 1930.
Il sottogola, in pelle di vacchetta grigio-verde, era composto di due cinturini. Quello di
destra si caratterizzava per i fori d’aggancio, mentre quello di sinistra aveva due passanti, la
fibbia e una linguetta, che ne impediva l’appoggio sulla pelle. Entrambi i cinturini erano fissati
infine alla calotta, grazie ad anelli reggi-soggolo, con quattro borchiette d’alluminio sempre in
grigio-verde. 218
L’elmetto modello 31 ebbe una vita relativamente breve, ma guadagnò in poco tempo la sim-
patia dei vertici militari e del regime fascista. E’ tipico di quegli anni vederlo in testa al sovrano
Vittorio Emanuele, al capo del governo Mussolini, al capo di Stato Maggiore Generale Badoglio,
a generali e a gerarchi vari. Venne distribuito come corredo di rappresentanza, quindi in preva-
lenza ai granatieri (il cui 1° reggimento svolgeva servizio a Roma) alla Milizia e agli ufficiali
comandanti più in vista nella capitale. Alcuni lotti furono successivamente distribuiti anche a
qualche reparto di fanteria di linea, del genio, di sanità e a quelli destinati alla protezione civile,
una volta che venne preferito su vasta scala il successivo modello 33. Si ha notizia dell’equipag-
giamento pure di una parte del contingente internazionale inviato nella Saar nel 1935.
Visto il suo ruolo scenografico, ben rappresentato da cartoline di regime e immagini pubbli-
che, che lo accostavano all’elmo romano dell’antichità, fu prodotto a uso di rappresentanza an-
che in alluminio, in cartone e in cuoio bollito. Mantenne il nome di «nuovo tipo», anche quando
fu distribuito su larga scala il nuovo «nuovo tipo» (modello 33), fino alla definitiva e già citata
circolare 430 del 23 giugno 1937, che avrebbe risolto almeno questa impropria sovrapposizione
onomastica.
218 E. Bossi-Nogueira, L’elmetto Italiano 1915-1971, op. cit., p. 15; .A. Viotti, Uniformi e distintivi dell’Esercito
italiano nella Seconda guerra mondiale, op. cit., p. 205.

