Page 80 - I 100 anni dell'elmetto italiano 1915-2015 - Storia del copricapo nazionale da combattimento
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               parti in linea)».  Contestualmente venne disposto pure che gli alpini, artiglieria da montagna
               e il genio dovessero portare il numero del deposito. 136
                  Altro problema evidenziato era quello della tonalità dell’elmetto. Per molti mesi dopo l’in-
               troduzione del copricapo metallico, il colore in uso fu quello francese, essendo distribuiti fino
               alla conclusione del conflitto molti lotti di Adrian 15. Fu del 10 giugno 1917 una disposizione
               del sottocapo di Stato Maggiore, generale Porro, in cui si evidenziava l’inadeguatezza al fronte
               di alcune cromie. Copricapi verniciati di azzurro o di un grigio-verde chiaro avrebbero permes-
               so dei riflessi lucenti, tanto da portare i militari in oggetto alla facile individuazione dal nemico.

                  «Pertanto  nel  fine  di  ovviare  all’inconveniente  summenzionato,  si  rivolge  preghiera  di
               disporre perché gradualmente ed appena sia possibile gli elmetti che si trovano nelle condizioni
               suesposte vengano trattati colla vernice grigio-verde opaca che distribuisce il Ministero della
               Guerra. A tal uopo questo comando ha interessato il sottosegretariato delle armi e munizioni
               affinché disponga per una congrua provvista della vernice anzidetta che i comandi dovranno qui
               richiedere a mezzo delle intendenze di armata». 137

                  Questa tematica evidenzia in modo abbastanza intuitivo come, molto più di altri capi di cor-
               redo, l’uniformità in fatto di copricapi metallici fosse un’alchimia. Dall’esame delle fotografie
               è evidente un uso promiscuo di elmetti Adrian di varia provenienza (estera o nazionale) con
               tonalità e particolari del tutto diversi tra loro. Il caso dell’elmetto zarista italianizzato ne è una
               chiara conferma.
                  Prima di concludere l’esperienza degli elmetti dell’Esercito nella Grande Guerra è interessan-
               te infine citare la sperimentazione di alcuni copricapi metallici per segnalazione. Questo avven-
               ne presso la 6ª Armata nel mese di luglio del 1917. Il Comando Supremo inviò appositamente
               un centinaio di elmetti, «che mediante movimento di una sovrastruttura in tessuto che mette in
               evidenza una parte tinta in bianco, possono servire a indicare la linea raggiunta sia all’artiglieria
               nostra che agli aeroplani».  L’iniziativa, giudicata non priva di possibili miglioramenti, venne
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               avviata con esercizi pratici tra i reparti (terrestri) della 32ª divisione e alcuni osservatori della
               33ª squadriglia aeroplani, armati di macchina fotografica. Furono eseguiti quattro esperimenti,
               cercando le condizioni migliori di luce e di terreno, impiegando solo materiale nuovissimo.
               Venne pertanto prodotta una serie di  relazioni, in cui si enumeravano i vantaggi e gli svantaggi.
                  I vantaggi furono: semplicità di individuazione dal cielo della fanteria con possibilità di
               reimpiego del materiale e del personale finora dedicato allo scopo; non erano necessarie ul-
               teriori capacità o istruzioni per la truppa combattente; il congegno era facile da applicare e
               poco costoso; continuità dell’osservazione anche in presenza di coltivazioni arboree, dove il
               bianco creava comunque contrasto con lo sfondo uniforme del terreno. A questi benefici però si
               andarono a sommare molti più pregiudizi: maggiore visibilità offerta all’osservazione nemica
               sia terrestre che aerea; difficoltà di rilevare linee sottili di truppa specie in terreni sconvolti dal
               tiro d’artiglieria; i movimenti di esposizione e di occultamento della parte bianca dell’elmetto
               erano difficili da ottenersi da tutti contemporaneamente nelle contingenze speciali di combat-
               timento; la visibilità dall’alto era possibile solo a quote inferiori ai 1.000 metri nelle migliori
               condizioni di luce e di terreno con linee dense e regolari di fanteria, mentre le fotografie erano
               fattibili solo a quote inferiori a 500 metri; in condizioni di luce o di terreno sfavorevoli appena


               135 AUSSME, F1, b. 243, f. 3, circolare n. 10930 di Diaz del 25/3/1918.
               136 Ivi, foglio 158839 del 22/3/1918 del Comando Supremo.
               137 Circolare n. 20914 di Porro del 10/6/1917 (Comando Supremo. Riparto Operazioni. Ufficio Tecnico).
               138 Circolare n. 69488 del 10/7/1918 (Comando della 6ª Armata. Stato Maggiore).
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