Page 13 - Il sogno del volo - Dalla Terra alla Luna. Da Icaro all'Apollo 11
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Ovviamente la narrazione è chiaramente frutto dell’im-
                                                                       maginazione  sebbene,  al  pari  della  campana  subacquea,
                                                                       potrebbe se non celare del tutto forse anticipare qualche
                                                                       esperienza del genere, effettuata magari con ali posticce.
                                                                       Del resto le ali costruite da Dedalo, per quanto possiamo
                                                                       giudicare, somigliano molto a un moderno parapendio e,
                                                                       se saldamente applicate alle spalle, avrebbero consentito
                                                                       un volo librato e forse anche piccoli sollevamenti grazie
                                                                       alle correnti ascensionali termiche.

                                                                         Ma  intanto  Dedalo,  insofferente  d’essere  confinato  a
                                                                         Creta da troppo tempo e punto dalla nostalgia della ter-
                                                                         ra natale, era bloccato dal mare. “Che Minosse mi sbar-
                                                                         ri terra ed acqua,” rimuginò, “ma il cielo è pur sempre
                                                                         aperto: passeremo di lì. Sarà padrone di tutto, ma non
                                                                         dell’aria!”. E subito dedica il suo ingegno a un campo
                                                                         ancora inesplorato, sovvertendo la natura. Dispone del-
                                                                         le penne in fila, partendo dalle più piccole via via segui-
                                                                         te dalle più grandi, in modo che sembrano sorte su un
                                                                         pendio: così per gradi si allarga una rustica zampogna
                                                                         fatta di canne diseguali. Poi al centro le fissa con fili di
                                                                         lino, alla base con cera, e dopo averle saldate insieme,
                                                                         le curva leggermente per imitare ali vere. Icaro, il suo
                                                                         figliolo, gli stava accanto e, non sapendo di scherzare col
                                                                         proprio destino, raggiante in volto, acchiappava le piu-
                                                                         me che un soffio di vento sollevava, o ammorbidiva col
                                                                         pollice la cera color dell’oro, e così trastullandosi distur-
                                                                         bava il lavoro prodigioso del padre. Quando all’opera fu
                                                                         data l’ultima mano, l’artefice provò lui stesso a librar-
                                                                         si con due di queste ali e battendole rimase sospeso in
                                                                         aria. Le diede allora anche al figlio, dicendogli: “Vola
                                                                         a mezza altezza, mi raccomando, in modo che abbas-
                                                                         sandoti troppo l’umidità non appesantisca le penne o
                                                                         troppo in alto non le bruci il sole. Vola tra l’una e l’altro
                                                                         e, ti avverto, non distrarti a guardare Boòte o Èlice e
                                                                         neppure la spada sguainata di Orìone: vienimi dietro, ti
                                                                         farò da guida”. E mentre l’istruiva al volo, alle braccia
                                                                         gli applicava quelle ali mai viste. Ma tra lavoro e am-
                                                                         monimenti, al vecchio genitore si bagnarono le guance,
                                                                         tremarono le mani. Baciò il figlio (e furono gli ultimi
                                                                         baci), poi con un battito d’ali si levò in volo e, treman-
                                                                         do per chi lo seguiva, come un uccello che per la prima
                                                                         volta porta in alto fuori del nido i suoi piccoli, l’esorta
                                                                         a imitarlo, l’addestra a quell’arte rischiosa, spiegando
                                                                         le sue ali e volgendosi a guardare quelle del figlio. E



                                                                       A fianco:
                                                                       Hans Bol, Il volo di Icaro, XVI sec., Rijksmuseum, Amsterdam.




                                                                                                              premessa          1 3
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