Page 153 - Il Controllo del Territorio - da Federico II di Svevia all'Arma dei Carabinieri
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nessuno stato democratico, da allora
potette più prescindere.
Quando le Costituzioni di Melfi
divennero realtà concreta, Federi-
co ad appena 35 anni, ne vantava
già 21 di regno: anzianità di go-
verno ampiamente sufficiente per
vagliare con cognizione di causa il
profondo degrado in cui versava il
suo Stato e i necessari rimedi; dila-
niato dalle dispute feudali, privato
d’ogni forma di diritto e di legalità,
vessato da gravami fiscali iniqui e
arbitrari e, come se non bastasse,
minato dall’asfissiante ingerenza
di un clero corrotto e sfaccendato:
questo il desolante quadro. Nulla
di nuovo per un sovrano la cui in-
fanzia era stata sostenuta più dalla
carità dei palermitani che da un
residuo di riverenza nei confron-
ti di una dinastia ormai privata di
potere e risorse. Se, formato da una
tale scuola, Federico ebbe subito
chiari i provvedimenti per stronca-
re l’andazzo, per quasi un venten-
nio non dispose, però, della libertà
per attuarli. Fu solo al rientro dalla
Crociata del 1228 e dopo la stipula con il papa Gregorio IX neta per l’intero Impero, disposizione che, snellendo le con-
(1170-1241) della cosiddetta pace di Ceprano nel 1230, che tabilità, rendeva di fatto più difficili le frodi.
finalmente si poté dedicare all’immane compito. Sotto il profilo meramente strutturale, le Costituzioni di
Un’apposita commissione composta da insigni dotti e Melfi si articolavano su tre libri, dei quali il primo concer-
rinomati giuristi, presieduta dal celebre Pier delle Vigne nente il diritto pubblico, con 109 titoli; il secondo la proce-
(1190-1249), ricevette allora l’incarico di elaborare, con la dura giudiziaria, con 52 titoli; il terzo il diritto feudale, priva-
massima solerzia, una serie di norme amministrative e legali to e penale, con altri 94 titoli. Il criterio informatore, almeno
alle quali vincolare la classe dirigente dell’Impero. In appe- nelle intenzioni, non doveva differire significativamente da
na due mesi il testo del documento fu pronto e col titolo di quello giuridico romano: al vertice del potere l’imperatore,
Liber Augustalis, fu subito divulgato e applicato. La raccolta, dalla cui sola volontà scaturivano le leggi e che incarnava la
come accennato, fondeva in buona parte sia le antiche con- legge, essendo il garante dell’ordine sociale voluto da Dio.
suetudini normanne sia i decreti già emanati in precedenza Questo non implicò alcun riferimento né subordinazione
dallo stesso Federico II. Il tutto, poi, era integrato da un all’autorità della Chiesa, del tutto estranea al concetto di
gran numero di disposizioni inedite, che davano all’insieme Stato federiciano. Il potere temporale di Federico II si con-
una connotazione originale ed esplicita. Proprio per evitare ferma perciò privo di ogni condivisione e si realizza soltanto
qualsiasi fraintendimento e qualsiasi giustificazione, venne per indiscutibile e diretta volontà divina. Uno Stato, quindi,
subito effettuata la sua traduzione in greco, lingua ancora
parlata da un gran numero di sudditi del regno di Napoli In alto: busto di Pier delle Vigne.
e di Sicilia. A corollario della normativa venne sancita pure Nelle pagine seguenti: la corte di Federico II a Palermo, Arthur Georg
l’adozione di un unico sistema di misura e di un’unica mo- von Ramberg, 1865.
parte quarta - dai normanni agli svevi 14 9

