Page 163 - Il Controllo del Territorio - da Federico II di Svevia all'Arma dei Carabinieri
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rie dislocati nell’Europa centrale, imbattutisi al pari dei Ca-  di molti nuovi. In realtà di nuovo vi era soltanto l’edificazione
               valieri teutonici nei ruderi ancora ben leggibili delle ultime   essendone la severa e sobria veste architettonica quella delle ul-
               ville rustiche romane, o di qualche quadriburgium del limes   time fortezze legionarie, che nel tragico passaggio dalla difesa
               danubiano, non tardarono ad apprezzarne l’ottimale rappor-  di sbarramento alla difesa elastica e poi di profondità, si era im-
               to tra rispondenza difensiva e semplicità costruttiva, per noi   posta anche per le ville rustiche. Né poteva essere diversamente
               sinonimo di rapidità ed economicità, recuperandone perciò   dal momento che a progettarne l’archetipo e i tanti successivi
               altrettanto prontamente i canoni dimensionali e architetto-  furono i fratelli laici, e spesso gli stessi monaci, dell’Ordine Ci-
               nici. Canoni facilmente adattabili tanto alla progettazione di   stercense adottando e adattando i canoni del gotico nascente
               un monastero in territorio ostile, quanto a un castello statale,   precipuo delle loro cattedrali e abbazie.
               essendo entrambe le costruzioni scevre da inutili orpelli.   Né mancano documenti di tale attività: da uno statuto del capitolo
                  Circa la tecnica costruttiva, essendo da sempre l’altezza il   generale si ricava che laici e monaci cistercensi erano sempre im-
               primario fattore ostativo sia passivo che ottimale per la difesa   piegati in gran numero dall’imperatore; al punto che il papa ebbe
               piombante, parve logico avvalersi delle soluzioni a notevole   a lamentarsi che Federico li sfruttasse troppo per le sue costru-
               sviluppo verticale, implicanti l’adozione dell’arco a sesto acu-  zioni. Del resto parlano chiaro i vari castelli che Federico si fece
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               to o a ogiva, di recente acquisizione. Anche in questo caso   costruire […] nei quali tutti si riconosce […] lo stile cistercense».
               la sua elaborazione viene ascritta all’Ordine Cistercense che:
               «contribuì a diffondere in tutto il mondo cristiano l’arte di   Tenendo presente la standardizzazione dei castelli fede-
               Francia, l’opus francigenum, esportandone i modelli sin nel   riciani, sia pure nei vasti limiti dell’approssimazione medie-
               cuore del restìo Mezzogiorno».  Adattata alle specifiche   vale, è alquanto logico che persino dall’analisi di un singo-
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               esigenze militari, quel recente impianto strutturale definito   lo castello, prescindendo dalla sue precipue dimensioni, si
               “gotico nascente”, consentiva la realizzazione di caposaldi   possano dedurre i canoni generali della tipologia, ovvia-
               funzionali, sicuri ed economici: quattro ali intorno a una   mente, a condizione che lo stesso non abbia subito ristrut-
               corte quadrata, con quattro torri quadrate agli spigoli su soli   turazioni e aggiornamenti in epoche posteriori, evenienza
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               due piani.  Affatto casuale, pertanto, che Federico II, profon-  affatto rara poiché non pochi castelli, divenuti superflui nel
               do conoscitore di risorse e capacità culturali, gratificasse ben   mutato quadro strategico delle successive dinastie, finirono
               presto i grigi monaci con innumerevoli concessioni e inces-
               santi riconoscimenti monopolizzandone, però, la qualificata
               cooperazione edile, tant’è che di molti                 5   E. KANTOWICZ, Federico..., cit., p. 81.


                  cistercensi […] si servì come
                  architetti per la costruzione
                  di castelli, e all’edificazione,
                  in Puglia, dei più importanti
                  e dei più belli di essi parte-
                  ciparono quasi sempre capo-
                  mastri dell’ordine. Quel mo-
                  derno criterio d’impiego dei
                  castelli determinò da un lato
                  la demolizione di molti non
                  idonei per impianto e ubi-
                  cazione alla rete territoriale
                  e, dall’altro la costruzione


               3   G. DUBY, L’arte e la società medie-
               vale, Bari 1977, p. 148.
               4   L. SANTORO, L’architettura mili-
               tare sveva in Campania, in  Scritti
               in onore di O. Morisani, Catania
               1982, pp. 117-26.



                                                                parte quinta - i castelli federiciani e il controllo del territorio      15 9
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