Page 189 - Il Controllo del Territorio - da Federico II di Svevia all'Arma dei Carabinieri
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scopo Federico si dedicò con tutte le energie, come attestano e delle sue mura: un po’ come un robusto pino su cui ci
la lettera di Tommaso da Gaeta e gli esempi eloquenti che ci si arrampica allorché inseguiti da un cane malintenziona-
rimangono. Possediamo in proposito una serie di false inter- to. Quando però, dai suoi rami si scagliano pigne contro il
pretazioni sulle proporzioni e i tempi rapidi di questa parti- ringhiante quadrupede, la difesa si è attivata, creando una
colare attività edilizia, che hanno suscitato idee non fondate. fascia di rispetto pari al raggio di tiro.
Già nel 1223 il notaio imperiale Riccardo di San Germano Con l’adozione di accorgimenti architettonici via via
riferisce che Federico aveva disposto che i castelli di Napoli, più elaborati, si eressero opere capaci di sopperire alla ca-
di Bari e di Aversa «firmatur»; e la stessa cosa dice nel 1233 renza numerica dei difensori, fattore primario della loro
per quelli di Trani, di Bari e di Brindisi. Ma «firmare» non si- ragion d’essere, e di decurtare, invece, la supremazia degli
gnifica […] costruire, bensì consolidare, fortificare. Dunque, attaccanti, diminuendo perciò la vulnerabilità dei primi e
non si tratta di nuove costruzioni dell’imperatore, e del resto accrescendo quella dei secondi. Questo equivale a poter
sarebbe stato inimmaginabile che, proprio in città di mare, i percuotere a distanza senza dover subire la stessa sorte. Ai
precedenti possessori non avessero provveduto ad alcun di- pochi diveniva così possibile aver ragione dei tanti: il fatto-
spositivo di difesa, e non si fossero preoccupati di fortificare re ingegno sopperiva alla carenza di forza, cioè “fortifica-
ciò che già esisteva. Dunque Federico intraprese i lavori ade- va”. Quanto delineato significò un progressivo incremen-
guati alle contingenti necessità in questi castelli, eretti sicura- to della componente offensiva della fortificazione, ferma
mente prima della dominazione dei Normanni, tentando di restando quella puramente ostativa. Tra una realizzazione
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arrestarne la rovina o di aumentarne la capacità di difesa. preistorica e una dell’ultima guerra mondiale, infatti, non
si percepisce alcuno stravolgimento, riuscendo entrambe
Ma, nella stragrande maggioranza dei casi, quanto non penetrabili; ben diversa è invece la rispettiva proiezio-
pervenutoci conferma una radicale ricostruzione di quei ne offensiva, di qualche decina di metri appena l’arcaica e
precedenti caposaldi, per lo più bizantini e soprattutto di una trentina di chilometri la recente.
normanni, che finì per renderli perfettamente analoghi a Il concetto di raggio di rispetto di una fortificazione,
quelli eretti ex novo. propriamente definito dominio, oltre ad aumentare con l’in-
crementarsi della gittata delle armi, crebbe pure con l’accen-
tuarsi della loro letalità reattiva. In pratica era proporzionale
5.6. Una significativa anticipazione al numero dei tiratori e, soprattutto, alla loro abilità di mira,
sebbene si fosse costatato, nei maggiori assedi, che nugoli di
In prima approssimazione, una fortificazione tende a dardi scagliati senza una precisa destinazione – nel mucchio
fornire una superficie interna non raggiungibile da even- – con traiettoria orizzontale ad altezza d’uomo, formassero
tuali aggressori, né direttamente né indirettamente, ovvero dei mortiferi sbarramenti insuperabili. Il perché della letali-
con il tiro delle armi. È pertanto assimilabile a un anello tà di quel tiro a casaccio, definito radente, rispetto a quello
murario continuo passivo, penetrabile soltanto dalla porta, mirato dall’alto delle mura, o ficcante, dipendeva dalla con-
per lo più di ridottissime dimensioni. Posta la precisazione comitante presenza di più potenziali bersagli lungo l’intera
in questi termini elementari, che coincidono con i remoti traiettoria del dardo: fallito il primo, questo poteva colpire il
archetipi nei quali non sussisteva alcuna significativa diver- successivo o quello più indietro ancora, mentre piombando
sità tra la facciata interna ed esterna del muro di cinta, va obliquo, fallito il bersaglio, si conficcava inerte nel terreno.
sottolineato che tale simmetria cessò presto proprio perché Col tiro radente e non mirato il rapporto bersagli colpiti
se ne strutturò l’estradosso per renderne ardua la scalata e dardi scagliati, levitava da un già ottimo 0.1 a un valore
agli assedianti e l’intradosso per agevolarla agli assediati, massimo prossimo a 1, cioè a nessuna freccia sprecata: in
che proprio dalla sua sommità avrebbero dovuto respinge- termini militari fu definito sfruttamento dell’errore battuto.
re l’investimento ossidionale. Da quel momento la difesa La definizione statistica del fenomeno non fu ovviamen-
divenne anche attiva. Volendo meglio precisare il concetto te compresa, ma il suo utilizzo fu subito attuato, accentuan-
di difesa passiva e attiva, va osservato che la mera protezio- do la sporgenza delle torri dalle cortine. Del resto l’investi-
ne passiva fu quella fornita dall’altezza del sito d’impianto mento ossidionale, contemplando sempre l’accostamento in
massa alle mura, sembrava ideale per esaltare il tiro radente
con traiettoria parallela alle stesse. Scaturendo dai fianchi
16 C. A. WILLEMSEN, D. ODENTHAL, Puglia terra dei Normanni e degli
Svevi, Bari 1978, p. 26. interni delle torri, cioè da quelli innestati alle cortine e diret-
parte quinta - i castelli federiciani e il controllo del territorio 18 5

