Page 35 - La Regia Marina nell Isole Ionie aprile 1941 - settembre 1944
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Ci si attendeva che sulla Fortezza sventolasse la bandiera bianca, invece
su di essa era esposta la bandiera greca. I velivoli dovevano effettuare giri di
ricognizione sulla città e sul porto; quindi, il velivolo capo squadriglia lanciò sul
porto il messaggio di resa.
Poco dopo, sul pennone della fortezza, fu abbassata la bandiera greca e
venne alzata la bandiera germanica. A questo punto il velivolo capo squadriglia
ammarò nello specchio d’acqua a levante del Manducchio, manovra subito
imitata dagli altri velivoli. Il personale fu immediatamente sbarcato, lasciando
solo qualcuno di guardia ai velivoli.
I tre principali ufficiali italiani incontrarono, in mezzo a una piccola folla,
due ufficiali, il maggiore comandante del presidio e un capitano. Ad essi fu
intimata la resa a discrezione, ma i due dissero di non poterla accettare, in
quanto i poteri li aveva il colonnello Politis, comandante del presidio, che non
si trovava in città, ma all’interno dell’isola. Aggiunsero anche che ormai l’isola
si era arresa ai tedeschi (non presenti) e che quindi non si poteva arrendere
anche agli italiani. Il gruppo diresse verso la Piazza della Capitaneria di Porto,
dove incontrò il comandante che, interrogato, rispose che non gli constava che
vi fossero campi minati, ma che la competenza era di un Comando Marina che
da tre mesi era stato trasferito ad Atene o a Patrasso. Fu deciso l’invio al più
presto a Brindisi del comandante della capitaneria per metterlo a disposizione
dell’ammiraglio Tur. I capibarca locali, interrogati, esclusero la presenza di
mine. La capitaneria era stata completamente danneggiata dai bombardamenti
italiani; su di essa era alzata una bandiera tedesca e, al suo fianco, fu alzata una
bandiera italiana. La folla cercò di assaltare un vicino magazzino viveri,
danneggiato dai bombardamenti, ma fu respinta a mano armata. Il gruppo
italiano si portò alla Fortezza Nuova, dove convocò i capi della Polizia e della
gendarmeria, cui fu comunicata la resa e fu dato il compito di mantenere
l’ordine. Agli ufficiali furono lasciate le buffetterie e le armi bianche, ma furono
sequestrate le pistole. Gli italiani si portarono, quindi, al Palazzo della
prefettura, dove si trovavano il prefetto Averoff, il podestà e il vescovo
metropolita.
Nel frattempo aerei italiani sorvolavano la città, pronti a bombardarla, e
al prefetto fu richiesta l’accettazione della resa, intimatagli, con documento
scritto, dal colonnello Grande; il prefetto firmò, dopo aver molto tergiversato,
ma solo per la città e la fortezza, non avendo poteri sulle forze militari.
Nonostante i vari tentativi effettuati dal metropolita, il colonnello Politis non
comparve; giunse solo la sua comunicazione che si era già arreso al generale
tedesco Dietrich, comandante a Gianina, e che non voleva arrendersi di nuovo
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