Page 255 - Lanzarotto Malocello from Italy to the Canary Islands
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               Per la precisione il termine “astrolabio” deriva dall’unione greca di due
               termini e cioè “astron” e “lambano”, che vuol dire “prendere gli astri”.
               In archeologia è stato rinvenuto un rudimentale astrolabio risalente al II
               a. C., tanto che proprio per tale secolo qualche archeologo lo attribuisce
               all’inventore Ipparco di Nicea , il quale in astronomia ideò il sistema degli
               epicicli. L’ultima evoluzione dell’astrolabio viene riconosciuta al geografo
               arabo Leone Africano (1485-1554). In sintesi l’astrolabio è composto di
               quattro parti: un cerchio avente delle graduazioni tutto intorno chiamato
               “madre”, un braccio rotante attorno al suddetto cerchio ed avente un perno
               fissato al centro del cerchio chiamato “alidada”, un disco sottile all’inter-
               no del predetto disco più grande (riportante l’indicazione di tutta la sfera
               celeste) denominato “lamina” ed infine una struttura rotante riportante la
               posizione di stelle “fisse” ben conosciute chiamata “rete”.
                  Il Caddeo riferisce che proprio i Genovesi erano così all’avanguardia
               che addirittura gli Arabi copiavano da questi ultimi: Abulfeda nel 1321
               lo riconosceva apertamente e nel 1317 Abu Suleiman Daud utilizzava un
               mappamondo italiano, chiamandolo nella sua opera “il Giardino dei dotti”
               bab- mandu, ed infine il Sultano d’Egitto si fece dare da Domenico D’Oria
               una carta dell’Asia Minore.
                  Queste accresciute competenze tecniche permisero ai navigatori di Ge-
               nova di aprirsi la strada per tutti i mari e qui ricordiamo che il Prof. Sur-
               dich (Verso il nuovo mondo, pag. 5) afferma che l’inizio delle navigazioni
               atlantiche debba farsi risalire al 1277, perché in quell’anno risulta che una
               flotta di Genova abbia oltrepassato le“Colonne d’Ercole” per raggiungere
               la Gran Bretagna e le Fiandre, iniziando così la navigazione atlantica a fini
               commerciali; navigazione a scopi di lucro che avrebbe portato gli Europei
               (ed in particolare i popoli mediterranei) ad avere una disponibilità di mez-
               zi tre volte superiore a quella del più florido uomo extraeuropeo (in quel
               momento i sudditi dell’Impero cinese).
                  Il professor Francesco Surdich, tuttavia, attribuisce quest’accresciuta
               disponibilità di mezzi, non solo alle suddette tecniche di navigazione, ma
               anche all’uso della vela quadrata per la navigazione d’alto mare rispetto
               all’utilizzo della vela triangolare (vela latina) più adatta all’esplorazione
               costiera, applicata agli alberi di navi come le “caracche” (navi di seicento
               tonnellate a tre alberi) e le caravelle (navi di settanta tonnellate a due al-
               beri).
                  Come che sia, tutte queste tecniche di navigazione avevano lo scopo di
               accrescere le conoscenze ed i commerci: e qui dobbiamo tornare al proble-
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