Page 305 - Lanzarotto Malocello from Italy to the Canary Islands
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               resa dell’Eneide con tutta quella immane presenza di personaggi e di sim-
               boli e così s’arrivava a dire che le Colonne d’Ercole, attraversate dall’anti-
               chità, lo erano state anche poeticamente.
                  Affare di scontro quest’ultimo tra i commentatori della Commedia: chi
               vedeva in Ulisse un violatore di regole divine e chi invece lo considerava
               un precursore dei grandi navigatori. E qui la finzione poetica si faceva
               evento e tutte le questioni riguardanti Dio, il Paradiso, la salvezza, pa-
               revano passare anche per lo scatto in avanti di Ulisse. Chi lo approvava,
               sembrava, almeno sul momento, sganciarsi da ogni speculazione divina e
               Ulisse così pareva un gigante in quella sua azione fantastica.
                  Ulisse prima di Enea significa essenzialmente porre la questione in ter-
               mini di presenza o meno di Dio. Senza la volontà di Dio si comprende
               anche l’inarrestabile sete di conoscenza che è anche sfida a se stessi e alla
               morte, superare un limite per andare a vedere come realmente “stanno le
               cose”; significa nel profondo sfidare la morte o “acclimatarsi” ad essa.
                  Dunque anche il viaggio di Ulisse ha valore ma non è indicato da Dio:
               quel limite superato, limite geografico, non è, in fondo, neppure una viola-
               zione. È nella dimensione spirituale che si coglie la differenza e dove non
               v’è progetto divino non può esistere vera conoscenza, ovvero la Cono-
               scenza, la conoscenza ultima. In questo senso Ulisse è ciò che è accaduto
               prima. Una antichità ancora ricolma di miti e di déi ma che non possiede
               (non ancora) la Rivelazione. Ma è anche la tranquillità di un mondo pa-
               gano che riflette ed elabora pensieri divini ma che spera soprattutto nella
               sequenza dei giorni.
                  Dante col suo esempio di poeta-navigatore ci fa capire che il proble-
               ma di Ulisse non è tanto il limite geografico che segna la frontiera fra il
               Mediterraneo e l’Oceano quanto il limite spirituale che segna la frontiera
               fra cultura classica pagana che cerca eroicamente (anche se follemente) il
               sapere e un’altra cristiana (quella di Dante) che ha invece la possibilità di
               arrivare alla conoscenza della verità rivelata in quanto agisce con l’ausilio
               della grazia divina. Questa frontiera si riproporrebbe al livello allegorico-
               morale nella distinzione fra un <andar a scoprire> per curiositas e un altro
               <andar a scoprire> con l’autorizzazione e l’ausilio di Dio”.
                  Se convinti nel dire che Dante – e prima di lui anche Virgilio – abbia
               puntato l’occhio (quello del cuore, innanzitutto) sull’Universo, intendendo
               con questa parola il sorvolo della mente sul Tutto pensabile. Attitudine di
               poeta, si dirà, giuoco facile, penombra custodita ove l’uscire da sé non si-
               gnifica allestire evanescenze ma piuttosto ordinare l’accumulo di pensieri,
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