Page 303 - Lanzarotto Malocello from Italy to the Canary Islands
P. 303

dall’Italia alle Canarie                                              303



                  Vi è una linea geografica/interiore da seguire; una via che pare accertata
               da Virgilio e da Orosio: un Paradiso terrestre pagano (e così sia le Isole
               Fortunate che le Esperidi) situato in prossimità del monte Atlante.
                  Isole Fortunate quale Paradiso terrestre accanto al monte Atlante. Tepo-
               re di Dante, potremmo dire, constatazione di una benefica continuità. Rea-
               lismo dantesco che sa riemergere al momento giusto; così Orosio - storico
               e apologista cristiano del IV secolo, originario della penisola iberica – lo il-
               lumina su tale collocazione. (Nel suo libro più famoso “Liber Apologeticus
               contra Pelagianos e Historiarum adversum paganos libri septem” tentò di
               dimostrare come i mali del tempo non erano da ricondurre ai cristiani ma
               dovevano ritenersi conseguenza delle perenni discordie umane).
                  Che si trattasse delle Isole Fortunate o anche delle Esperidi, sia Virgilio
               che Orosio si ponevano sulla stessa linea nella collocazione di un Paradiso
               terrestre pagano a breve distanza dal monte Atlante. Dunque: Paradiso de-
               gli antichi e Paradiso dantesco. Il tepore, più che il sublime, sta per noi in
               questa constatazione, ovvero nel mantenimento d’un sentire profondo che
               spostava la mente dalla realtà quotidiana avvistando qualcos’altro.
                  Ma vi è un altro tepore, a nostro avviso, nel Poeta e cioè quello di ci-
               tare gli antichi e le loro identificazioni – i loro sogni, vagheggiamenti – e
               quindi assestarsi sul vero cristiano del monte del Paradiso terrestre. Vi è
               luce, dunque, e così tutto il respiro classico – dalle Isole Fortunate degli
               antichi al monte Atlante di Virgilio –, sapienza catalogata, certo, ma nulla
               più rispetto alla nuova luce della Rivelazione.
                  L’epica di Virgilio approda nell’età di Augusto e mondanamente si rea-
               lizza; nel caso di Dante il progetto del cristiano è nella salvezza del Para-
               diso.
                  Dunque evaporano fino a scomparire le isole Fortunate e il monte Atlan-
               te, non più possibili nella nuova luce dantesca. Nel suo viaggio.
                  Colonne d’Ercole come limite istruttivo? Mentale? Punto di valutazio-
               ne per il coraggio sia esso pratico o letterario. Le Colonne d’Ercole, di
               fatto, erano già state superate dagli antichi. Lo stesso Brunetto Latini ne
               esponeva l’accaduto nel suo tesoretto: “Ma doppo la sua morte/ si son
               gente raccolte/ e son altri passati,/sì che sono abitati/di là, in bel paese/e
               ricco per le spese.”
                  La poesia sgorga certamente dall’animo ma buonissimo affare per essa
               è la realtà. E così anche al maestro di Dante doveva essere giunta notizia
               che gli antichi quel limite lo avevano superato disinvoltamente. Il fatto,
               l’accadimento, l’appreso tenevano dietro poi, indubbiamente, all’immane
   298   299   300   301   302   303   304   305   306   307   308