Page 301 - Lanzarotto Malocello from Italy to the Canary Islands
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dall’Italia alle Canarie                                              301



               di credenze, leggende, tradizioni orali – che risultava come una sorta di
               polline magico ai fini della trattazione.
                  E che Dante abbia occhio per il realismo come vera stella polare è un
               fatto, ma che egli non abbandoni le esigenze del “meraviglioso medievale”
               è altrettanto vero, come se proprio quest’ultimo elemento consentisse ve-
               ramente lo stacco dal suolo, il volo poetico. A tal punto verrebbe da dire: se
               dunque il Paradiso terrestre poteva essere stato accertato, l’intuizione del
               Purgatorio nello stesso sito è quanto Dante deve a Virgilio e in particolare
               all’Eneide.
                  Dunque:  Bibbia-Eneide-credenze/leggende-resoconti  di  viaggio  ed
               ecco allora la traiettoria autentica di quel meraviglioso realismo profetico
               che fu la grande intuizione di Dante.
                  Se a noi viene in mente, insieme a tutto questo sublime che nasce nelle
               regioni della Poesia, il viaggio di Lanzarotto Malocello, siamo portati a
               ragionare in termini più normali, si vorrebbe dire “più bassi” ma soltan-
               to perché il meditare e l’agire ci paiono due condizioni distantissime. Il
               meditare pare sveli un Assoluto che avrà il suo luogo nelle opere d’Arte;
               nell’agire, invece, pare che l’Assoluto sorga soltanto “a tratti” e proprio a
               margine di tutta quella sequenza di azioni. Nell’agire, si potrebbe azzarda-
               re, l’Assoluto è una soddisfazione catturata in certi istanti, in un quotidiano
               ripiegamento in sé, in una (più o meno lunga) riflessione. Nel meditare, e
               dunque concepire l’opera, e nello scriverla, possiamo dire che l’Assoluto
               non abbandona mai l’esecutore, in questo caso il poeta. E proprio da questa
               sensazione (senza fine) il ricorso a tutto quel materiale di vero e di fanta-
               stico di cui può disporre l’artista. Artista, si badi, che non è mai sazio di
               tesori, notizie, reperti, nuovi frammenti di leggende. E si sa che proprio dal
               dettaglio, dalla sfumatura, l’artista sa attrezzarsi per il Sublime.
                  S’è detto di Virgilio e dell’Eneide: VI Canto, quello in cui Anchise nar-
               ra una sorta di Purgatorio pagano a un di presso dell’Elisio. E come il
               monte Atlante virgiliano coinciderà con Enea e dunque la forza, la deter-
               minazione nell’impresa per la fondazione di Roma, allo stesso modo il
               monte del Paradiso terrestre assurgerà a simbolo di impresa, fatica per una
               purificazione dell’anima nel progetto del regno cristiano.
                  Sia Enea che Dante sono dunque investiti di una missione; ciascuno nel
               rispettivo campo e tempo storico: momento pagano - momento cristiano. E
               la salvezza sarà per entrambi proprio la ragione di questo immane sforzo di
               “edificazione”: da una parte una nazione romana e dall’altra parte il popolo
               cristiano.
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