Page 71 - Lanzarotto Malocello from Italy to the Canary Islands
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dall’Italia alle Canarie 71
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia
dei nostri sensi ch’è del rimanente,
non vogliate negar l’esperienza,
diretro al Sol, del mondo senza gente.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e conoscenza’.
Ora, prescindendo da quel sublime dantesco nel quale in Ulisse vi è la
curiositas per il sapere, la sete di conoscenza – in questo ambito l’astu-
zia proverbiale dell’eroe greco non è l’aspetto che deve risaltare – siamo
portati a ritenere che negli esploratori in genere vi sia, oltre alla sete di
gloria e alla possibilità di benefici per la madrepatria a seguito di nuove
scoperte e successivi commerci, anche un desiderio (forse inconscio) di
apprendere quella “quota di essere” che sta oltre il conosciuto. Riferendosi
a questo XXVI Canto dell’Inferno, il dantista Manfredi Porena, afferma:
“Negli scrittori antichi e medievali da lui conosciuti, che avevano parlato
di Ulisse, Dante poteva aver trovato molti elementi di suggestione alla cre-
azione poetica del gran viaggio finale dell’eroe. All’infuori della tradizione
omerica, si parlava qua e là di suoi viaggi avventurosi, perfino di là dalle
Colonne d’Ercole, e anche di morte misteriosa lontano dalla patria. E Ulis-
se vi era spesso lodato come esempio d’amore al sapere. Notevolissimo a
tale riguardo e il più prossimo allo spirito della concezione dantesca, un
passo di Cicerone (De finibus, V, 18), il quale osserva come nell’episodio
dell’Odissea, in cui le Sirene cercano di sviare Ulisse dal suo ritorno in
patria, esse gli promettono la scienza, perché comprendono che a un uomo
desideroso di sapere, la scienza possa essere più cara della patria. Dante
compone, svolge, esalta tutti questi elementi, immaginando che Ulisse ri-
nunzi forse per sempre al ritorno in patria per un viaggio destinato al sem-
plice fine di conoscere il mondo, in cui il disinteresse assoluto da tutto ciò
che non sia conoscenza pura, culmina nell’episodio finale: la esplorazione
del “mondo senza gente.”
Ora, che Lanzarotto Malocello avesse già letto questo canto dantesco,
è un fatto che custodiamo nelle regioni del sogno ma allo stesso modo
riconosciamo che egli avrebbe potuto apprendere qualcosa dagli antichi, e
questo indipendentemente da quella sete di conoscenza che ogni individuo
ha in sé per natura e che lo porta a prendere il largo.

