Page 73 - Lanzarotto Malocello from Italy to the Canary Islands
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dall’Italia alle Canarie 73
Cicerone appreso? Qualche altro scrittore antico come faro, stella pola-
re verso l’ignoto? Accordiamoci sulla buona eventualità di piccole letture
e poi di narrazioni da uomini di mare: in questo modo l’animo è perfetta-
mente affrescato.
Ma per prendere il mare era necessaria la ricchezza perché soltanto con
essa si poteva allestire una o più galee. Vi era un momento sublime per i
navigatori – e questo momento, crediamo, debba averlo respirato anche
Lanzarotto Malocello – era quando si coglievano nello stesso istante due
idee che poi si univano: il mettersi in mare significava tracciare una rotta
per i commerci, trovare luoghi dove questi rapporti si sarebbero consoli-
dati ma, allo stesso tempo, questo viaggiare preparava la seconda idea, la
innalzava e, quasi, alla fine, diveniva la più importante. Questa seconda
idea era scoprire nuove terre, conquistarle, battezzarle con il proprio nome,
prolungare la propria patria in quel lembo di terra disperso nell’oceano.
Ogni navigatore, pensiamo, sia stato mosso dall’associazione di queste due
idee anche perché conquistare significava anche consolidare le posizioni
acquisite sul mare e indirettamente dichiarare al mondo la propria potenza.
In assenza di busti, non soltanto sul modello degli imperatori romani
ma possiamo dire anche di principi, papi, cardinali, capitani di ventura
come possiamo vederli nei palazzi patrizi, nelle Sacre Stanze e anche nelle
chiese, nelle piazze, e ancora, in assenza di disegni, di uno schizzo, dobbia-
mo rappresentarci da soli, con una operazione più spirituale che poetica, il
volto di Lanzarotto Malocello.
Come possiamo immaginarlo?
Un patrizio, innanzitutto. Il volto di un patrizio possiede quasi sempre
qualcosa di inquieto. Pure, da quello sguardo, emerge l’Assoluto. Non che
si debba essere nobili per possedere l’Assoluto che, come sentimento, ap-
partiene a tutti gli uomini sia pure con gradazioni e intensità diverse. Sol-
tanto che la miscela inquietudine/assoluto distingue un nobile per il fatto
che costui ha colto benissimo l’idea che la gloria, il possesso delle cose,
prima o poi avranno fine.
Dunque la gloria, gli accadimenti terreni andranno a sperdersi nel Tut-
to, nell’indistinto. Un grande poeta italiano, Giorgio Caproni, livornese di
nascita ma che adottò la città di Genova come la sua seconda patria, così
esprime questo sentimento del dopo nella poesia “Dies illa”:

