Page 56 - La rappresentazione della Grande Guerra nel concorso della Regina Elena del 1934
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            LUIGI AMEDEO DI SAVOIA DUCA DEGLI ABRUZZI

            Madrid, 1873 – Villaggio duca degli Abruzzi (oggi Johar), Somalia, 1933

            Ad appena sei anni e mezzo, nel 1879, fu ingaggiato come mozzo nella Regia Marina per ricevere un’educazione militare se-
            condo la tradizione della famiglia. Nel dicembre 1884 entrò all’Accademia Navale di Livorno e si imbarcò sulla fregata Vittorio
            Emanuele, condividendo l’esperienza della vita in mare con Manlio Garibaldi, l’ultimo figlio dell’Eroe dei Due Mondi. Da
            quel momento iniziò la sua carriera nella Marina: all’età di sedici anni fu nominato guardia marina nel Corpo di Stato Maggiore
            e a bordo dell’Amerigo Vespucci compì la sua prima navigazione intorno al mondo. Rientrato in Italia, alla morte del padre av-
            venuta nel 1890, ereditò il titolo di duca degli Abruzzi. In quel periodo all’amore per la vita marinara unì la passione per la
            montagna, impegnandosi in ascensioni sulle Alpi; la scalata del Cervino fu il traguardo più prestigioso, cui seguirono negli
            anni Novanta escursioni nel Gran Paradiso. Per queste sue imprese sportive fu nominato presidente onorario della sezione
            di Torino del Club Alpino Italiano. Nel 1893, come tenente di vascello, fu imbarcato sulla cannoniera Volturno, con la quale
            raggiunse per la prima volta la Somalia, terra che lo conquistò subito e che scelse come dimora nell’ultima fase della vita. La
            sua giovinezza lo vide impegnarsi in numerose missioni navali che lo portarono intorno al mondo, e nell’attività alpinistica,
            non solo in Italia e in Europa, ma anche in Alaska. Nel 1899 progettò e guidò, a bordo della baleniera Stella Polare, una spe-
            dizione al Polo Nord fino a raggiungere la massima latitudine artica 86° 33’ 49”. In occasione della guerra di Libia ottenne
            il comando del naviglio silurante e poi, con il grado di viceammiraglio gli fu assegnata la direzione dell’Arsenale militare di
            La Spezia. Allo scoppio della Grande Guerra divenne il comandante in capo delle forze navali riunite. In questa veste diresse,
            da dicembre 1915 al febbraio dell’anno successivo, con eccellenti capacità, l’organizzazione di oltre trecento traversate per
            l’evacuazione di un gran numero di profughi militari e civili serbi rifugiatisi sulla costa albanese verso i porti controllati dal-
            l’Intesa, impresa che gli valse la nomina di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine Militare di Savoia. In seguito tuttavia, entrò
            in disaccordo con le potenze alleate che volevano relegare la Regia Marina a scopi solo difensivi. Rimosso dall’incarico, si
            ritirò a Napoli nella reggia di Capodimonte fino alla conclusione del conflitto. Nel dopoguerra portò a compimento un am-
            bizioso progetto di azienda agricola modello in Somalia, nella zona di Johar sul medio corso dello Uebi Scebeli, a circa 120
            chilometri da Mogadiscio, che fu battezzata Villaggio duca degli Abruzzi. Nella colonia italiana compì anche numerose esplo-
            razioni e rilievi topografici che permisero di tracciare in modo preciso il corso dei fiumi. Malato di un tumore al fegato, agli
            inizi del 1933 volle tornare in Africa e morire nel suo villaggio.



            COSTE DELL’ALBANIA, DICEMBRE 1915 - FEBBRAIO 1916


            Salvataggio e trasporto dell’esercito serbo

            Il Governo italiano aveva deciso nei primi giorni di ottobre 1915 di sostenere, con l’invio di viveri e di munizioni, attraverso
            il territorio dell’Albania, l’esercito di Pietro I Karageorgevich re di Serbia che in quel momento non riusciva più a contrastare
            l’avanzata delle truppe austro-ungariche. Il complesso intervento per organizzare gli aiuti fu affidato a Luigi Amedeo di
            Savoia, che coordinò le forze navali impegnate nello scortare i piroscafi che trasportavano i rifornimenti per proteggerli dagli
            attacchi dei sommergibili nemici. Nel dicembre di quello stesso anno, circondati dalle truppe austro-ungariche, bulgare e te-
            desche, militari serbi, prigionieri austriaci e civili in disordinata ritirata cercarono la salvezza nella fuga. Circa centosessantamila
            persone, diecimila cavalli e un numero altrettanto elevato di mezzi si accalcarono sulle coste albanesi in attesa di imbarcarsi.
            La Regia Marina, coadiuvata anche da navi dell’Intesa, iniziò così una logorante, pericolosa azione di trasferimento dell’esercito
            sconfitto e in rotta dalle coste albanesi ai porti della Puglia e dell’isola di Corfù. Le unità austro-ungariche cercarono in ogni
            modo di ostacolare l’operazione con attacchi aerei, con la posa delle mine lungo le rotte di accesso ai porti e con i sommer-
            gibili, ma tutti i tentativi furono mandati a vuoto dalle unità di scorta della Marina. In oltre trecento traversate non si registrò
            che l’affondamento di tre piccoli piroscafi, due dei quali urtarono contro le mine, e il terzo fu colpito da un siluro quando
            le operazioni di sbarco erano già terminate.
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