Page 70 - La rappresentazione della Grande Guerra nel concorso della Regina Elena del 1934
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            GIANI (GIOVANNI) STUPARICH

            Trieste, 1891 – Roma, 1961

            Nato nella Trieste asburgica, si iscrisse al liceo classico e successivamente frequentò l’Università di Praga dove seguì con
            vivo interesse, grazie all’amicizia con Tomáš Garrigue Masaryk – fondatore del partito popolare ceco – la nascita di un pro-
            getto politico che prevedeva una collaborazione tra le varie nazionalità che componevano l’Impero per il raggiungimento di
            una concordata autonomia. Un programma questo che rimase sempre per lui come ispirazione di vita. Si trasferì successi-
            vamente a Firenze con l’amico Scipio Slataper, dove fu poi raggiunto dal fratello Carlo. Nel capoluogo toscano frequentò
            gli ambienti de La Voce di Prezzolini e strinse amicizia con Gaetano Salvemini. Al momento della dichiarazione di guerra al-
            l’Austria-Ungheria si arruolò, ai primi di giugno 1915, come soldato semplice nel Reggimento Granatieri di Sardegna e prese
            il nome di guerra di Sartori. La sua prima destinazione furono le alture di Seltz in prossimità di Monfalcone dove fu ferito.
            Nel mese successivo, ottenuta la nomina a sottotenente, fu inviato a Schio come istruttore dei richiamati, ma presto chiese
            di poter tornare sulla linea del fuoco. A maggio la Brigata Granatieri fu inviata in Trentino per arginare l’offensiva austriaca
            di primavera. Qui, nel corso di un violento e furioso attacco sul Monte Cengio, Stuparich, ormai isolato e accerchiato dal
            nemico, alla testa di un gruppo di uomini si lanciò all’assalto di una mitragliatrice nemica che faceva strage dei suoi commi-
            litoni. Gravemente ferito, fu fatto prigioniero e internato in un campo di concentramento, ma grazie alla sua identità di
            guerra non fu riconosciuto come irredento e sfuggì alla pena di morte. Alla fine del conflitto, rientrato a Trieste, divenne do-
            cente di italiano nello stesso Liceo Dante Alighieri dove aveva studiato. In quel periodo si dedicò anche a un’intensa attività
            di saggista e di scrittore: tra l’altro pubblicò le sue memorie di guerra e curò l’edizione degli scritti del fratello Carlo. Nel
            1944, a causa della sua discendenza ebraica da parte di madre, nonostante avesse la tessera del Partito Nazionale Fascista, fu
            recluso per pochi giorni nella Risiera di San Saba. Nel dopoguerra visse con profonda angoscia le drammatiche vicende della
            sua terra: le foibe, il timore che la sua città potesse essere assegnata alla Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia e soprat-
            tutto il doloroso esodo della popolazione istriana costretta ad abbandonare tutto e a rifugiarsi in Italia.




            MONTE CENGIO, ALTOPIANO DI ASIAGO, 31 MAGGIO 1916, LA STRAFEXPEDITION

            Un attacco disperato

            I granatieri del 1° Reggimento avevano ricevuto l’ordine di sbarrare l’avanzata alle forze austro-ungariche nel corso della
            Strafexpedition lungo la linea Punta Corbin - Monte Cengio sull’Altopiano di Asiago. I reparti italiani senza mezzi, senza ar-
            tiglieria e con poche munizioni si batterono con tenacia e con grande spirito di sacrificio e impedirono al nemico che avanzava
            baldanzoso di dilagare nella pianura veneta. Alla testa di un gruppo di granatieri, Stuparich fu protagonista di un’ardita azione
            per dare l’assalto a una postazione nemica di mitragliatrici, ma il loro fu un attacco disperato per inferiorità d’uomini e di
            mezzi: furono decimati. Stuparich, rimasto solo e accerchiato, fu ferito gravemente e fatto prigioniero.















            Nella pagina a fianco:
            Giulio Marchetti, la Medaglia d’Oro Giani Stuparich, olio su tela

            Giani Stuparich, in piedi con la rivoltella in mano, incita i suoi uomini all’assalto sul ciglio dello strapiombo sulla Val d’Astico. Nei loro volti
            si legge una disperata risolutezza mentre superano di slancio il corpo di un giovane compagno caduto. Qui probabilmente c’è un richiamo all’altro
            Stuparich, Carlo, anch’egli granatiere, morto il giorno prima.
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