Page 20 - Airpower in 20th Century - Doctrines and Employment
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sono indicati nelle seguenti considerazioni: «The most publicized advantage of air
power in restricting adversary countermoves is the relative invulnerability of U. S.
aircrews compared with that of engaged ground forces. By reducing force vulnera-
bility, reliance on air power can help sustain robust domestic support by lowering
the likelihood of U. S. casualties. At the same time, air power’s ability to conduct
precision operations can reduce concerns about adversary civilian suffering (though
efforts to keep air forces relatively safe may create moral and legal concerns if doing
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so places civilians at much greater risk)» .
L’uso dell’aviazione consente di ridurre le proprie perdite ed il progresso tecno-
logico (sistemi di puntamento, bombe “intelligenti”, aerei senza pilota) dovrebbe
altresì permettere di evitare il più possibile di colpire obiettivi civili e provocare
vittime tra la popolazione. Tuttavia il raggiungimento del primo obiettivo può essere
inversamente proporzionale al conseguimento del secondo: la maggiore altitudine
di volo salvaguarda di più gli equipaggi, ma aumenta il rischio di errori (i “danni
collaterali”).
La riduzione delle perdite tra i propri militari viene incontro alle esigenze di quella
che Edward Luttwak ha definito la «guerra post-eroica», tipica oggi di tutte le nazioni
post-industriali, con un tasso zero di crescita demografica, che sono «in effetti demi-
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litarizzate o quasi» . Le vittime civili possono tuttavia creare reazioni politicamente
pericolose presso le opinioni pubbliche. All’epoca della guerra del Kosovo l’ex se-
gretario di Stato Zbigniew Brzezinski ammise che per il resto del mondo «la guerra
all’americana sa di razzismo high tech. La sua premessa occulta è che la vita di un
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solo nostro soldato vale di più di quella di migliaia di kosovari» ed un politologo
francese rilevò una «asimmetria insopportabile tra i militari protetti dell’Alleanza e i
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civili infinitamente vulnerabili che i militari sono venuti a salvare» .
Nel corso del secolo XX si è progressivamente ribaltata la proporzione tra vittime
civili e militari nei conflitti armati. All’inizio del ‘900 la proporzione tra vittime mili-
tari e civili era di otto ad uno; già nella Seconda Guerra Mondiale vi era parità; oggi
muore un militare ogni otto civili. Il dato va raffrontato all’altro secondo il quale nel
XX secolo 119 milioni di vittime sono stati causati da conflitti infrastatali e 36 da
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d. l. Byman-M. C. Waxman, Kosovo and the Great Air Power Debate, in International Security,
vol. 24, n. 4, Spring 2000, p. 35.
10
Cfr. E. N. Luttwak, Where Are the Great Powers? At Home with the Kids, e Id., Toward Post-Heroic
Warfare, in Foreign Affairs, July/August 1994, pp. 23-28, May/June 1995, pp. 109-22.
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Cit. in Corriere della Sera, 16-6-99, p. 2.
12
Alan Finkielkraut, intervistato in Corriere della Sera, 29-5-99.