Page 199 - Le Forze Armate e la nazione italiana (1944-1989) - Atti 27-28 ottobre 2004
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IL  RAPPORTO  TRA  LA  MARINA  E LA  NAZIONE  DALLA  LIBERAZIONE  ALLA  CADUTA  DEL  MURO  DI  BERLINO  _

       gli inconvenienti delle sue modalità applicative, che non fà che estendere a sogget-
       ti diversi degli ecclesiastici della Chiesa Cattolica, un principio già esistente nell'or-
       dinamento italiano con il Concordato del  1929; una nuova concezione che ponga
       come protagonista all'interno della istituzione non solo l'uomo, ma l'uomo con la
       sua famiglia,  quasi un presagio della protesta dei sottufficiali dell'Indomito coman-
       dato da Accame nel  1975. Per contro, prevedibilmente, quando un giorno saranno
       disponibili adeguate fonti di ricerca, si avrà conferma che la partecipazione del per-
       sonale di  Marina ai  movimenti  del  1974 e 1975  ("proletari in divisa", ecc,)  è tra-
       scurabile. È questa la genesi della lettera collettiva di lagnanza sulle condizioni del-
        la Marina indirizzata nel  1970 al  capo di  Stato Maggiore (34)  compilata tra i trenta
        frequentatori dell'Istituto di  Guerra Marittima e poi estesa in firma ad un totale di
        800  ufficiali,  dove le  richieste  di  miglioramenti economici, sopratutto a beneficio
        dei  sottufficiali,  hanno spazio  marginale.  Sono in maggioranza ufficiali al  di sotto
        dei  quarant'anni e con il grado massimo  di  capitano di  corvetta o maggiore,  una
       sorta di "immaginazione al  potere". eammiraglio Birindelli con le sue dichiarazio-
        ni  alla stampa a Cagliari nel  1970 è la causa incentivante di  tale avvenimento, ma
        come  deputato  (M.S.I.)  alla  Camera  nella  VI  Legislatura  (1972-76)  non  desta in
        Marina un grande interesse e così pure Accame (P.S.I.,  elezioni del  1976).
            E con  ciò  giunti  al  termine  di  questo tema  perchè  sconfinanti  nell'attualità,
        vorremmo concludere con alcune ultime osservazioni.  Già una legge di  Pacciardi
        del dicembre 1948 vietava ai militari l'appartenenza ai partiti politici e ciò vale fi-
        no  al  "Regolamento  di  disciplina  militare"  del  1978:  la  cosidetta  "aparticità"  è
        quindi assicurata. Viceversa, se si  parla di "apoliticità" in senso lato, l'analisi com-
        piuta ci  conferma che essa non è mai  esistita,  perchè sono le  condizioni  in  cui  il
        potere politico si esercita che orientano l'identità e l'impiego delle FF.AA.  Esse del-
        la politica interna ed estera storicamente sono solo un docile strumento. Nel 1911
        i marinai sulle  spiagge  di  Tripoli  sono  l'espressione  della  politica di  Gioli'tti,  nel
        1920 le  navi  nel concorso all'ordine pubblico sono l'Italia di  Nitti, nel Ventennio
        la Marina è quella di Mussolini. Ne consegue anche che non c'è merito nel presta-
        re aiuto ai terremotati di Messina nel 1909 o ai profughi vietnamiti nel 1979, piut- _
        tosto che cannoneggiare i villaggi indigeni della Migiurtinia durante la riconquista
        del  1925-26 o designare i bersagli sul  suolo afgano nel 2001-02 per consentire ai
        velivoli americani di  lanciare contro di  essi  le  armi; ciò riguarda solo il problema
        del rapporto con l'opinione pubblica nell'ambito delle scelte del potere esecutivo
        e non ha importanza se i marinai preferiscano una cosa piuttosto che l'altra.



            (34)  Testo  in C.  De Risio, Navi di ferro,  teste di legno,  Ciarrapico, 1976 e G.  Giorgerini,
        Da Matapan al Golfo Persico, Mondadori,  1989 (tema "Marina e politica").
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