Page 225 - 150° Anniversario II Guerra d'Indipendenza - Atti 5-6 novembre 2009
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aveva chiuso la sfortunata campagna del 1849 e, ad un tempo, aperto quello
che, con il senno di poi, sarà chiamato il decennio di preparazione. McGaw
Smyth aveva demistificato la leggenda del re liberale, di un Vittorio Emanuele
che - come aveva raccontato per primo Carlo Cadorna - aveva strenuamente
difeso la costituzione concessa un anno prima dal padre, Carlo Alberto, al
regno di Sardegna nel suo colloquio con il reazionario maresciallo Radetzky,
dimostrando che Radetzky non aveva affatto chiesto la soppressione dello
Statuto albertino (gli era, tra l’altro, alquanto difficile avanzare una richiesta
del genere, dal momento che lo stesso Impero si era dotato di una costituzione).
Quanto alle intenzioni del re, la sua scelta quale primo ministro di un senatore,
il generale savoiardo Gabriel De Launay, che non aveva alcun seguito nella
camera dei deputati, indicava chiaramente che Vittorio Emanuele voleva
restituire alla monarchia quella centralità, che era stata compromessa, sotto
Carlo Alberto, dallo slittamento dei poteri a favore di una camera dominata
dalla Sinistra.
Nel mio intervento su Villafranca illustravo la tesi che non solo non si
poteva far rientrare il secondo armistizio sottoscritto dal re in quel lungimirante
progetto di unificazione nazionale, che la storiografia sabaudista aveva troppo
generosamente attribuito a Vittorio Emanuele, ma che quell’accordo, vale
a dire l’armistizio dell’8 luglio 1859 e i preliminari di pace dell’11 luglio,
rifletteva piuttosto la tradizionale politica del carciofo da sempre cara ai
Savoia. Inoltre un obiettivo non secondario, che il re aveva potuto raggiungere
allineandosi sulle posizioni di Napoleone III, era stato quello di costringere
Cavour alle dimissioni, il che gli aveva permesso di sostituire, ancora una
volta, ad un governo espressione di una maggioranza parlamentare un governo,
che rispondesse unicamente, come del resto prevedeva la lettera dello Statuto
albertino, al sovrano stesso.
Il saggio su Villafranca era in effetti soltanto la punta dell’iceberg di una
ricerca più ampia condotta negli anni precedenti, una ricerca concernente il
triennio 1858-60 che mi era stata commissionata dal mio maestro Ennio Di
Nolfo nell’ambito del suo quanto mai meritorio tentativo di portare a termine la
2 hoWard mcGaW smyth, The Armistice of Novara: a Legend of a Liberal King, in
«Journal of Modern History», VII, 1935, pp. 141-171. Che la leggenda demistificata
da McGaw Smyth continui a trovare ancora oggi dei cultori lo testimonia ciro pao-
letti, I trasporti militari nell’Italia preunitaria, in «Rassegna storica del Risorgimen-
to», anno XCVI, 2009, p. 408, quando scrive che «l’Austria […] non aveva visto di
buon occhio il mantenimento in vigore dello Statuto»..