Page 326 - Il Risorgimento e l'Europa - Attori e protagonisti dell’Unità d’Italia nel 150° anniversario - Atti 9-10 novembre 2010
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            “Il Romano Pontefice è il comune padre dei fedeli, la sua autorità nelle cose
            tutte che riguardano la Chiesa è incontestabile; i governi che non la ricono-
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            scono ribellandosi a lui, si ribellano a Dio!” . Sulla questione di Nizza e della
            Savoia, la sua opposizione fu radicale. Pur essendo decaduto dalla sua carica
            di deputato, egli intese fare sentire la sua voce ribadendo in un opuscolo
            quanto egli fosse contrario che, in cambio di province italiane “che non furo-
            no mai nostre”, si cedevano territori fedeli alla monarchia di Savoia, cessione
            questa, oltre che dannosa, contraria “al ben della Monarchia, alla sicurezza
            dell’Italia, agli antecedenti, alle tradizioni che ci furono trasmesse dai nostri
            maggiori”.  E ribadiva citando il conte De Maistre che scriveva al conte
            Nesselrode: “...le Duché de Savoie et le Comté de Nice appartenaient à un
            prince italien. Ces deux avant-postes formaient toute la sûreté de l’Italie...”.
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            Senza di esse « ...il n’y aura plus d’Italie » .
               Ma non solo sul piano specifico politico, storico e strategico egli dichiara-
            va la  proprio opposizione  complessiva:  nell’affrontare  la  questione  della
            cessione dei due territori alla Francia, egli ribadiva con ben altra argomenta-
            zione la propria generale opposizione, evocando, anche in questa occasione,
            il proprio rifiuto ad accettare il diritto dei popoli ad esprimersi sul proprio
            futuro. Soltanto al sovrano ed alla sua volontà spettava il ‘diritto’ di decidere
            l’approvazione o il rifiuto di ogni atto di sovranità, in quanto al popolo era
            negata ogni libertà di scelta. E naturalmente il principale oggetto della sua
            denuncia era il ricorso ai plebisciti popolari dei quali egli negava ogni valore
            giuridico. La sua denuncia si fece estrema poiché in base ai suoi principi sulla
            sovranità  regia,  non poteva attribuire  “ai  Modenesi,  ai  Parmegiani,  né  ai
            Toscani la facoltà di aggregarsi al Piemonte”. Il Piemonte non poteva accet-
            tarli poiché se lo facesse ciò equivarrebbe a “gettar semi di futuri sconvolgi-
            menti, e render precaria ogni autorità di governo, ogni sicurezza di Stato”. Il
            problema stava proprio nel ricorso ad una procedura che non poteva essere
            accettata: quella del ricorso al voto popolare per ratificare una eventuale deci-
            sione del sovrano, in quanto, egli sosteneva, al popolo non poteva spettare il
            riconoscimento di una tale ‘diritto’. Era il sovrano, eventualmente d’intesa
            con un altro sovrano, che doveva spettare ogni decisione anche territoriale se
            si volevano rispettare i tradizionali  ed innegabili  diritti insiti nel classico
            diritto delle genti. La sua dottrina si fondava sul concetto della responsabilità




            7  Clemente Solaro della Margarita, Questioni di Stato, Torino, Speirani e Tortona, vol. I,
               1854, p. 99 ed anche Risposta all’opuscolo ‘Il Papa e il congresso’, Torino, ibid., 1860.
            8   ibid. , p. 105.
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