Page 136 - Il 1917 l'anno della svolta - Atti 25-26 ottobre 2017
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             offensive sull’Isonzo, che avevano portate a perdite spaventose senza impor-
             tanti successi territoriali (a parte la conquista di Gorizia dell’agosto 1916). La
             stanchezza della guerra, che sembrava non finire mai, aveva abbassato il tono
             morale delle fanterie che ne subivano il peso maggiore. Il dirompente esempio
             della rivoluzione russa del 1917 e la propaganda contro la guerra che i socialisti
             e i cattolici portavano avanti sul fronte interno ebbero riflessi anche sulle truppe,
             diminuendo la volontà di combattere e la fiducia nella vittoria. Gli scioperi d’a-
             gosto 1917 nel triangolo industriale, repressi nel sangue (40 morti tra gli operai)
             avevano scosso l’opinione pubblica. In effetti vari reparti di fanteria opposero
             poca resistenza agli attacchi nemici, soprattutto quelli di riserva. Tale mancanza
             di combattività non fu comunque un fenomeno organizzato o consapevolmente
             messo in atto per protesta, contrariamente a quanto tentato di individuare da
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             taluni storici che hanno parlato di “sciopero militare” dell’Esercito. Se la 2  Ar-
             mata fu sfondata e i resti delle sue unità rifluirono al Piave in stato di completo
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             collasso morale, le altre armate (1 , 3  e 4 ) tennero duro e continuarono a com-
             battere con discreta efficienza e rendimento sul Grappa e sul Piave, salvando la
             situazione.
                Anche le circostanze metereologiche veramente avverse ebbero il loro peso,
             quali fra le altre il maltempo, dominante nel mese di ottobre, che rese più dif-
             ficile le osservazioni aeree e terrestri; la nebbia, che favorì in modo notevole le
             artiglierie austro-germaniche battenti bersagli fissi e ben noti e l’avanzata delle
             fanterie nemiche in molti settori di attacco, mentre rendeva difficoltoso e talvolta
             impossibilitava il tiro di sbarramento nostro e l’adeguata manovra dei rincalzi e
             delle riserve; le piogge dei giorni dal 24 al 27 ottobre,  che rallentarono la mar-
             cia e in molti punti, per fango e frane, impedirono il transito alle pesantissime
             colonne italiane in ritirata, mentre rimaneva pur sempre facilità di movimento ai
             leggerissimi nuclei avversari inseguenti; la piena dei fiumi  quando doveva ef-
             fettuarsi il passaggio  delle truppe in ritirata, specialmente sul Tagliamento, i cui
             ponti di galleggianti furono tutti travolti; come il buon tempo e la decrescenza
             rapidissima del fiume allorquando doveva in seguito essere difeso e il nemico
             passarlo.
                Carenze della branca informazioni del Comando Supremo, complice anche
             l’Ufficio Situazione che ritardò a valutare pienamente la minaccia nemica, nono-
             stante i numerosi indizi e notizie che giungevano sulle predisposizioni offensive
             nemiche in alto Isonzo, Cadorna sottostimò fino alla seconda metà di ottobre la
             reale portata dell’attacco nemico. Non si attendeva inizialmente un’offensiva
             in grande stile, ma soltanto un tentativo limitato per riprendere l’altopiano del-
             la Bainsizza. Ancora il 23 ottobre Cadorna prevedeva un attacco nemico lungo
             tutto il corso dell’Isonzo, con preponderanza dello sforzo tra Plezzo e Tolmino.
             Da qui lo schieramento eccentrico delle riserve rispetto al settore d’attacco e
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