Page 162 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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alfonso manzo
Proprio a causa dell’incessante attività investigativa svolta dal Ten. Col. Russo, in-
centrata soprattutto sulle attività criminali svolte dai mafiosi corleonesi, il 20 agosto
1977 un gruppo di fuoco assassinò l’Ufficiale e un suo amico, il Prof. Filippo Co-
sta, mentre passeggiavano nel centro di Ficuzza (PA) ove trascorreva un periodo di
vacanza con la moglie Mercedes e la piccola Francesca Benedetta. Erano le 21:30
quando il Ten. Col. Giuseppe Russo si univa al professor Costa per una passeggiata.
I due camminano sotto il porticato della Real Casina di caccia borbonica, situata
all’interno della riserva naturale dell’omonimo bosco della Ficuzza e si dirigono verso
un bar. Ivi giunti, il Colonnello entra per fare una breve telefonata, mentre il profes-
sore lo attende all’esterno. Un minuto dopo i due si ricongiungono e riprendono a
passeggiare. In quell’istante una vettura, una Fiat 128 color verde con a bordo alcuni
uomini, imbocca il viale principale della borgata procedendo lentamente. Raggiunta
158 la parte alta della piazza, la macchina effettua un’inversione a «U» fermandosi nei
pressi dell’abitazione dell’Ufficiale.
Il Ten. Col. Russo, in quell’istante, estrae dal taschino della camicia una sigaretta e
dalla tasca dei pantaloni una scatola di fiammiferi «Minerva». Non farà in tempo
ad accendere la sua ultima sigaretta. L’orologio della piazza segna le 22:15. Dalla
vettura scendono quattro individui, tutti a volto scoperto, camminano lentamente
e si dirigono verso i due amici. Appena al loro cospetto aprono il fuoco con pistole
calibro 38, tranne uno armato di fucili a pallettoni che, come in seguito accertato
dall’Arma, ha il compito di uccidere il Prof. Costa in quanto testimone scomodo.
È un susseguirsi di colpi esplosi a breve distanza: la tensione dei killer è alta e, nel
far fuoco, uno degli assassini inciampa, cade addosso all’Ufficiale e perde perfino gli
occhiali. Alzatosi esplode il colpo di grazia per finirlo, perché vuole essere certo che
l’esecuzione sia completa e per questo mira alla testa. Anche il killer che imbraccia
il fucile esplode il colpo di grazia al Costa che è già a terra gravemente ferito.
È un agguato preparato nei minimi dettagli che non lascia dubbi sulla matrice ma-
fiosa. L’uccisione dell’Ufficiale e del suo amico interrompe il percorso professionale
di un prode e autentico servitore dello Stato, la cui vita era stata interamente dedita
al servizio. Russo non aveva ancora compiuto 50 anni, ma aveva speso i suoi anni
migliori nell’Arma, sempre in prima fila, sempre pronto a lottare, a investigare a
combattere il crimine.
Di lì a poco, pressati dall’incalzante attività condotta dall’Arma, i corleonesi or-
ganizzarono la confessione del pastore cinquantunenne Casimiro Russo, il quale
indicò come correi Salvatore Bonello e Rosario Mulè, anch’essi pastori. Nel corso
del processo la loro deposizione fu considerata credibile e i tre furono condannati a
pene severe. Soltanto a partire dal 1984, con le dichiarazioni di Tommaso Buscetta
prima e di Giovanni Brusca poi, le indagini ebbero una svolta, fu chiarita la matrice
mafiosa del delitto e si individuarono le responsabilità di esecutori e mandanti. Si
accertò, infatti, che il duplice omicidio era stato ordito da Luciano Liggio, Totò Riina
e Bernardo Provenzano, mentre il commando era formato da Leoluca Bagarella,
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Giuseppe Greco, soprannominato Scarpa, Vincenzo Puccio e Giovanni Brusca .
Al Tenente Colonnello fu concessa la Medaglia d’Oro al Valor civile alla memoria,
compendiata nella seguente motivazione:
«Comandante di nucleo investigativo operante in ambiente ad alto rischio e caratte-
rizzato da tradizionale omertà, s’impegnava con coraggio ed elevata capacità profes-
sionale in prolungate e difficili indagini relative ai più eclatanti episodi di criminalità
mafiosa verificatisi tra gli anni ’60 e ’70 nella Sicilia occidentale: proditoriamente
18 Tratto dall’articolo Quarant’anni fa l’agguato mafioso al Tenente Colonnello Giuseppe Russo, scritto da
Michele Di Martino sul «Notiziario storico dell’arma dei carabinieri», Anno II, numero 5.