Page 167 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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Il comando  della Legione Carabinieri di Palermo


                                              e il Maresciallo Giuliano Guazzelli .
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                                              vita, in grado di coniugare perfettamente i due poli della sua esistenza: la famiglia, composta da sua
                                              moglie Iolanda e dalla figlia Lucia, e il lavoro.
                                              Sono circa le 20.30 di una calda serata di fine estate, 10 settembre 1981, Vito e sua moglie sono a bor-
                                              do della loro Fiat 128, parcheggiata in Piazza Camporeale, perché stanno aspettando la figlia Lucia,
                                              appena 20enne, che sta frequentando un corso per il conseguimento della patente di guida. Vito sta
                                              parlando con Iolanda di quanto è felice e orgoglioso di Lucia, in macchina c’è un clima sereno, i due
                                              si sorridono come hanno sempre fatto nel corso di tutti questi anni di matrimonio. A un certo punto
                                              Vito si volta verso la sede della scuola guida per vedere se Lucia ha finito, quando all’improvviso accade
                                              l’inimmaginabile. La loro auto viene affiancata da un’altra vettura, dalla quale, in poche frazioni di
                                              secondo, scendono quattro killer che iniziano a esplodere numerosi colpi di fucile e di pistola calibro
                Fototessera del Maresciallo Giuliano   7,65. Quella raffica di colpi, esplosa in direzione di Vito non gli lascerà scampo. Riuscirà a compiere
                Guazzelli. Foto da fonti aperte  un ultimo gesto di amore e altruismo: si getta sulla sua amata Iolanda per farle scudo con il suo corpo e   163
                                              proteggerla. I killer risalgono sulla loro auto e scappano velocemente lasciando Vito senza vita e la sua
                                              amata moglie, ferita lievemente al volto e straziata dal dolore (tratto dalla sezione VIVI del sito di Libera).
                                              La sua «colpa» maggiore era stata la redazione di un importante rapporto giudiziario che acclarava
                                              responsabilità penali a carico di 45 indagati (Savoca+ 44) in ordine al traffico illecito di stupefacenti
                                              della famiglia mafiosa della Kalsa. Per il delitto furono condannati all’ergastolo Francesco Spadaro,
                                              Pietro Senapa e Giuseppe Lucchese. I collaboratori di giustizia Salvatore Cocuzza e Salvatore Cancemi
                                              riportarono una condanna a dieci anni di reclusione.
                                              Al Maresciallo Maggiore Vito Ievolella, con D.P.R. 26 aprile 1983, fu conferita la Medaglia d’oro al
                                              Valor Civile alla memoria, con la seguente motivazione: «Addetto a nucleo operativo di gruppo, pur
                                              consapevole dei pericoli cui si esponeva, si impegnava con infaticabile slancio ed assoluta dedizione al
                                              dovere in prolungate e difficili indagini – rese ancora più ardue dall’ambiente caratterizzato da tradi-
                                              zionale omertà – che portavano alla individuazione ed all’arresto di numerosi e pericolosi aderenti ad
                                              organizzazioni mafiose. Proditoriamente fatto segno a colpi d’arma da fuoco in un vile agguato tesogli
                                              da quattro malfattori, immolava la vita ai più nobili ideali di giustizia e di grande eroismo».
                                              22  Il Maresciallo Maggiore Giuliano Guazzelli nacque a Gallicano, un borgo della Garfagnana, in
                                              provincia di Lucca il 6 aprile 1934. Si arruola volontario nell’Arma nel 1951, a soli 17 anni. Divenuto
                                              Carabiniere, nel 1954 fu trasferito a Menfi (AG), in Sicilia, dove prestò servizio sino al 1957 e si sposò
                                              ed ebbe tre figli. Dopo aver prestato alcuni anni di servizio nelle provincie di Agrigento e Trapani,
                                              frequentò la Scuola Sottufficiali Carabinieri in Firenze venendo destinato, al termine del corso, al Nu-
                                              cleo investigativo di Palermo, dove lavorò al fianco del Colonnello Carlo Alberto dalla Chiesa, allora
                                              Comandante della Legione Carabinieri, e del Capitano Giuseppe Russo. Indagò sul clan dei corleonesi
                                              e divenne un profondo conoscitore del fenomeno mafioso e dei rapporti tra mafia, affari e politica.
                                              Nel dicembre 1973, il Maresciallo Giuliano Guazzelli fu trasferito in provincia di Agrigento. Nel 1974
                                              assunse il comando della Stazione Carabinieri di Santa Ninfa. Fu soprannominato il «mastino» per la
                                              sua abilità di investigatore, infatti in trent’anni di indagini tra Palermo, Trapani e Agrigento era diven-
                                              tato un esperto conoscitore del fenomeno mafioso. In particolare ad Agrigento si era occupato della
                                              cosiddetta «Stidda», organizzazione mafiosa parallela e talvolta in competizione con «Cosa Nostra»
                                              della provincia. Aveva indagato sulla strage di Porto Empedocle. Tra i suoi meriti si ricorda quello di aver
                                              convinto Benedetta Bono, amante del boss Carmelo Colletti, a collaborare con la giustizia. Grazie alle
                                              sue indagini fu possibile istruire il processo «Santa Barbara», il primo processo alla mafia agrigentina
                                              che si celebrava dopo 42 anni di silenzi. I pubblici ministeri di quel processo furono Rosario Livatino
                                              e Roberto Sajeva. Il primo fu ucciso il 21 settembre del 1990 sulla statale che collega Agrigento a Cal-
                                              tanissetta, il secondo fu richiamato al ministero dopo avere ricevuto ripetute minacce. In quegli anni si
                                              occupò anche del barbaro omicidio del giudice Antonino Saetta e del figlio Stefano, avvenuto nel 1988
                                              nei pressi di Caltanissetta. Agli inizi degli anni ’90 fu chiamato a guidare la Sezione di polizia giudiziaria
                                              dei Carabinieri presso il Tribunale di Agrigento, ove diede il suo costante contributo alla magistratura
                                              nelle delicate indagini allora in corso.
                                              Al momento del suo omicidio, il Maresciallo Giuliano Guazzelli aveva già maturato l’età pensionabile,
                                              ma aveva deciso di restare in servizio, nonostante durante la sua carriera avesse subito numerose inti-
                                              midazioni. Tra queste si ricorda l’attentato subito nel 1981, quando era Comandante della Stazione
                                              Carabinieri di Palma di Montechiaro. In quella occasione, mentre lui guidava, la sua automobile fu
                                              raggiunta da diversi colpi di lupara. Venuto a conoscenza di questo agguato, il Generale Carlo Alberto
                                              dalla Chiesa, che ne conosceva le eccezionali doti investigative, si recò subito a Palma di Montechiaro
                                              e camminò a testa alta assieme al Maresciallo Giuliano Guazzelli per le vie principali del paese volendo
                                              in questo modo testimoniare che lo Stato era vicino al sottufficiale. Fu ucciso sabato 4 aprile 1992 ad
                                              Agrigento sul viadotto Morandi, a lui intitolato nel 2017. Almeno cento furono i testimoni dell’agguato,
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