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446                                XXXIV Congresso della CommIssIone InternazIonale dI storIa mIlItare • CIHm

           una scala molto diversa – a quelle del campo di Borovnica, in Slovenia, il peggiore fra quelli
           che ospitarono i prigionieri italiani .
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              Ma chi erano questi prigionieri italiani? Soprattutto – com’è naturale – alcune migliaia di
           militari della RSI di stanza nella venezia Giulia; e poi gli appartenenti alle forze di sicurezza
           che – per quanto ne sappiamo – vennero in genere subito fucilati e infoibati; i componenti di
           altre formazioni armate come la guardia di finanza e la guardia civica – che pure, infiltrate dal
           CLN, avevano partecipato ai combattimenti finali contro i tedeschi – ed anche alcuni aderenti
           al corpo volontari della libertà che, sempre agli ordini del ClN giuliano, avevano lanciato
           alla fine di aprile a Trieste un’insurrezione contro i tedeschi, parallela e concorrenziale a
           quella scatenata dalle organizzazioni comuniste filo-jugoslave.
              La ragione delle apparenti incongruenze di questo elenco, che mescola fascisti e antifasci-
           sti, è in realtà piuttosto semplice: il criterio di riconoscimento di amici e nemici non passava
           attraverso l’aver combattuto a fianco o contro i tedeschi, ma dall’aver combattuto e dall’es-
           sere disponibili a rimanere agli ordini del movimento di liberazione jugoslavo. Qualsiasi for-
           mazione armata rifiutasse di porsi a disposizione dei comandi jugoslavi andava considerata
           truppa di occupazione, e qualsiasi soggetto che si proclamasse autonomamente antitedesco
           andava considerato fomentatore di guerra civile .
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              Siamo quindi in presenza di un criterio di giudizio eminentemente politico, a definire il
           quale concorrevano certo anche le accuse di comportamenti ostili al movimento di liberazio-
           ne e, più in generale, alla popolazione slava della regione, ma vi era pochissimo interesse per
           l’effettivo accertamento dei fatti, mentre prevalevano la logica della colpa collettiva, legata
           cioè automaticamente alla partecipazione dei sospettati all’attività di istituzioni e organizza-
           zioni ritenute nemiche.
              la medesima logica governò anche la repressione dei civili, che si espresse in almeno una
           decina di migliaia di arresti, concentrati principalmente a Gorizia e trieste, ed avvenuti in
           base a liste di sospetti redatte dalla polizia politica, l’OZNA, che operava in conformità alle
           direttive del comitato centrale del Partito comunista sloveno e di quello croato, direttive che
           prescrivevano un’immediata e larga epurazione della società giuliana, da realizzare selezio-
           nando i bersagli in base non all’appartenenza nazionale ma a quella politica .
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              Si trattava quindi, ancora una volta come nel 1943, di colpire i “nemici del popolo”, cate-
           goria elastica che si prestava a comprendere tutti i rei, o anche soltanto i possibili rei, di atti-
           vità antijugoslave, che potevano spaziare dallo squadrismo negli anni Venti, allo spionaggio
           per conto dei tedeschi, alla militanza nel ClN o in organizzazioni autonomiste come quelle
           esistenti a Fiume, alla più generica ostilità nei confronti dell’annessione alla Jugoslavia ed
           all’instaurazione del comunismo.
              La natura politica e l’ampiezza dello spettro accusatorio spiegano come nella rete della
           repressione caddero elementi sloveni e croati anticomunisti, ma anche come nella Venezia
           Giulia gli italiani furono colpiti in proporzione assai maggiore. Tra la popolazione slava
           infatti, era molto limitato il dissenso nei confronti del nuovo potere, che si presentava come

           6   F. G. Gobbato, Borovnica e gli campi per prigionieri nell’ex Jugoslavia 1945, Silentes loquimur, Pordenone
               2005; G. Barral, Borovnica 1945, Edizioni Paoline, Milano 2007.
           7   Vedi al riguardo la documentazione pubblicata in R. Pupo, R, Spazzali (a cura di), Foibe, cit., pp. 68-71.
           8   Ibidem
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