Page 444 - Conflitti Militari e Popolazioni Civili - Tomo I
P. 444

444                                 XXXIV Congresso della CommIssIone InternazIonale dI storIa mIlItare • CIHm

           po aperto le unità tedesche al contrattacco e, conseguentemente, alla completa distruzione
           delle forze partigiane. Quanto alla repressione, funzionò a macchie di leopardo: alcune zone
           vennero “ripulite” in maniera considerata soddisfacente, in altre invece i comandi locali si
           rivelarono assai più incerti nell’ individuazione dei “nemici del popolo” e più disponibili a
           chiudere un occhio, di quanto i vertici del movimento avessero desiderato. ovunque, man-
           carono tempo ed organizzazione per realizzare i campi di lavoro, ed agli arresti seguì quasi
           sempre l’uccisione, nella maggior parte dei casi decretata dopo processi sommari, e seguita
           dal’occultamento dei cadaveri nelle cavità naturali o minerarie abbondanti sul territorio.
              La selezione delle vittime, al di là della varia tipologia, rivela un criterio di fondo: quello
           del potere italiano da decapitare. il potere trovava espressione negli uomini delle istituzio-
           ni – dai podestà alle guardie campestri – nei quadri del regime, nei possidenti terrieri, nei
           dirigenti industriali, nelle personalità più visibili delle comunità italiane, che in un contesto
           rurale potevano essere anche il farmacista e il medico condotto, simboli tutti di una realtà
           che doveva scomparire.
              Anche su questo piano, la confusione fu notevole. L’insurrezione e l’avvio della repres-
           sione avevano scatenato un’ondata di risentimento nazionale e sociale dentro la quale trova-
           vano modo di esprimersi odio etnico, conflitti di interesse, rese dei conti, pulsioni criminali,
           logiche di violenza premoderne, come l’incendio dei catasti: e quindi tra le vittime troviamo
           anche parenti di ricercati non trovati, donne seviziate, sospetti di usura, minatori originari di
           altre parti d’Italia, levatrici che non erano riuscite a condurre a buon fine un parto difficile.
              L’effetto complessivo dell’ondata di violenze fu assolutamente sconvolgente per gli ita-
           liani, che si sentirono globalmente attaccati in quanto tali, e che videro materializzarsi sotto i
           loro occhi, nella maniera più radicale possibile, uno dei miti politici più diffusi del naziona-
           lismo italiano nelle terre di frontiera, quello del “pericolo slavo”. Sconvolti rimasero anche
           gli antifascisti italiani, che capirono con un certo ritardo come in Istria aveva fatto il suo
           ingresso un modo d’intendere la lotta antifascista completamente diverso da quello cui erano
           abituati. esempio eloquente della nuova dimensione dello scontro, oltre alla rapida sostitu-
           zione dei comitati di salute pubblica creati dagli italiani dopo l’armistizo con gli organi del
           movimento di liberazione croato, fu la gestione dei prigioneri: squadristi e gerarchi arrestati
           dagli antifascisti italiani nelle cittadine costiere per essere sottoposti a processo, vennero
           presi in consegna dai partigiani, e senz’altro fucilati .
                                                      3
              La controffensiva tedesca venne condotta con grande decisione, colpendo sia i partigiani
           armi, che i sospettati di aver in qualche modo collaborato con i poteri popolari, che, ancora,
           in molti casi, la popolazione residente nel territorio degli scontri, italiana o slava che fosse.
           Ciò nonostante, l’arrivo dei tedeschi venne in genere percepito con sollievo dagli italiani e la
           durezza del loro comportamento è stata nella memoria catalogata fra le “normali” violenze
           di guerra, non troppo dissimile dai bombardamenti alleati, mentre invece le stragi delle foibe
           hanno costituito uno spartiacque mentale ed un momento periodizzante della storia degli

               le croato e l’Istria, della seconda metà di ottobre 1943, pubblicato in “Vjesnik”, 1983 e parzialmente tradotto
               in R. Pupo, R. Spazzali (a cura di), Foibe, Bruno Mondadori, Milano 2003, pp. 58-61; altri documenti sono
               stati pubblicati da G. Scotti, Dossier foibe, Manni, San Cesario di Lecce, 2005.
           3   l. Giuricin, Il settembre ’43 in Istria e a Fiume, in «Quaderni» vol. XI, Centro di ricerche storiche, Rovigno
               1997.
   439   440   441   442   443   444   445   446   447   448   449