Page 63 - Conflitti Militari e Popolazioni Civili - Tomo I
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          aCta
          Conflitti militari e popolazioni civili

          PIERO DEL NEGRO   *



             in una pagina dei Viaggi di Gulliver Jonathan Swift affianca e nello stesso tempo di fatto
          contrappone due immagini della guerra, che appaiono pertinenti non soltanto in relazione
          agli anni venti del XVIII secolo, vale a dire all’epoca, in cui si colloca l’opera, ma anche,
          sia pure pagando, come cercherò di fare in questi appunti in margine al tema del XXXIV
          Congresso della Commissione internazionale di storia militare, il necessario pedaggio delle
          precisazioni e scansioni cronologiche, in una prospettiva di lungo, lunghissimo periodo. Da
          una parte un arido elenco di armi e di fasi belliche, l’asettica nomenclatura della tecnica mi-
          litare, la guerra, se si vuole, ‘oggettiva’, ‘razionale’, la guerra promossa e diretta dai principi,
          dai generali e dalle burocrazie in divisa sul filo degli schemi consolidati dell’arte bellica e
          dei numeri messi in campo (tanti soldati, tanti cavalli, tante navi, tanti pezzi d’artiglieria ...),
          la guerra celebrata nelle storie del potere a partire, se si vuole, dalle grandi iscrizioni rupestri
          lasciate dagli achemenidi re dei re della Persia, la guerra illustrata in età moderna e oltre dai
          pittori di battaglie al seguito dei sovrani e dei comandanti degli eserciti e delle flotte: «can-
          noni, colubrine, moschetti, carabine, pistole, palle, polvere, sciabole, baionette, battaglie,
          assedi, ritirate, attacchi, mine, contromine, bombardamenti, battaglie navali».
             Dall’altra, in una sequenza sempre più incalzante, i ‘disastri della guerra’ evocati in modo
          indelebile in alcune incisioni dell’età della Riforma protestante come i Quattro cavalieri
          dell’Apocalisse di Albrecht Dürer oppure, rispettivamente un secolo e tre secoli più tardi,
          dagli agghiaccianti cicli di Jacques Callot e di Francisco Goya oppure, ancora, in tempi a noi
          ancora più vicini, da Pablo Picasso in Guernica, la guerra patita sulla propria pelle più che
          vissuta dal popolo in e, soprattutto, senza uniforme, la guerra che è stata descritta in manie-
          ra ‘soggettiva’ in alcuni tra i più celebri romanzi dell’Ottocento da personaggi che presero
          parte in ruoli subalterni o marginali e comunque senza capirne granché alle grandi battaglie
          come quella di Waterloo raccontata da Stendhal nella Certosa di Parma dal punto di vista di
          Fabrizio del Dongo oppure come quella di Austerlitz rievocata da Tolstoi in Guerra e pace
          tramite la testimonianza di Pierre Bezuchov oppure, ancora, alle guerre che fanno da sfondo
          alle vicende più o meno picaresche dei marginali che si possono riconoscere nelle maschere
          di Ruzante e di Simplicissimus, la guerra, in poche parole, vista ‘dal basso’ o dall’esterno:
          «gemiti di morenti, membra saltate in aria; fumo, frastuono, confusione, combattenti maciul-
          lati dagli zoccoli dei cavalli, fughe, inseguimenti, vittorie; campi cosparsi di cadaveri lasciati
          alla voracità dei cani, dei lupi, degli uccelli di rapina; saccheggi, spoliazioni, stupri, incendi,
          distruzioni» .
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             Queste due opposte visioni della guerra possono senza dubbio convivere in un autore.
          È questo, va da sé, il caso dello stesso Swift, il quale tuttavia, dal momento che liquidava


          *   Professore Ordinario di Storia Militare, Università di Padova. Membro del Comitato della CIHM. Membro
              della Commissione Italiana di Storia Militare
          1   Jonathan Swift, Viaggi di Gulliver in vari paesi lontani del mondo, Milano, Rizzoli, 1975 [I ed. 1726], p.
              439.
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