Page 64 - Conflitti Militari e Popolazioni Civili - Tomo I
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64 XXXIV Congresso della CommIssIone InternazIonale dI storIa mIlItare • CIHm
entrambe le prospettive quali aberrazioni dei vilissimi Yahu, vale a dire delle bestie dalle
fattezze umane che abitavano il paese degli Huyhnhnm, non era interessato ad approfondire il
rapporto tra i conflitti militari e le popolazioni civili e preferiva piuttosto dirigere i suoi strali
contro il mestiere delle armi, un mestiere che definiva sarcasticamente «il più onorevole di
tutti, perché il soldato è uno Yahu prezzolato per uccidere a sangue freddo quanti più può dei
propri simili senza avere ricevuto da loro da alcuna offesa» . Appare più istruttiva, sotto il pro-
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filo che qui ci interessa, l’opera di Callot, l’incisore lorenese che visse a cavallo tra il Cinque e
il Seicento ed ebbe tempo e modo di documentare la fase centrale della guerra dei Trent’Anni,
soprattutto perché nel suo caso si possono cogliere le tappe di un processo, che tendeva a
modificare la cifra della rappresentazione della guerra innestando su un racconto per linee
interne, vale a dire su un racconto che riguardava esclusivamente i soldati, un catalogo di ri-
cadute ‘collaterali’ della guerra stessa del tipo di quello compendiato in un’acquaforte di fine
Seicento, nella quale l’italiano Giuseppe Maria Mitelli s’incaricherà di illustrare l’incendio di
una città, la strage dei suoi abitanti e lo stupro di una ragazza e che ad ogni buon conto avrà
cura di collocare, rivestendo vittime e carnefici di toghe, tuniche e corazze di tipo romano, in
una meno impegnativa antichità e che inoltre intitolerà, insistendo sul cordone ombelicale,
che teneva insieme le due prospettive qui accennate, Il soldato osserva quel che fà .
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Callot affrontò per la prima volta in maniera significativa il tema della guerra in una gi-
gantesca incisione del 1628 - è il frutto della riunione di sei tavole - L’assedio di Breda, in cui
celebrava la conquista della città da parte del generalissimo spagnolo ambrogio Spinola, un
curioso caso di un banchiere genovese trasformatosi in imprenditore militare e comandante
in capo allo scopo di tutelare direttamente i propri interessi finanziari. Quel che è interessante
è che Callot prendeva le mosse da un disegno della città-fortezza di Breda tracciato da un
ingegnere militare, partiva, cioè, da una rappresentazione della guerra che ne accentuava
il versante tecnologico e ‘razionale’, per approdare ad un racconto storico, una veduta in
prospettiva che collocava in primo piano, come era doveroso, l’‘eroe’ Spinola. L’incisione
era utilizzata da Callot anche per illustrare una serie di episodi della vita militare, un tema
che negli anni successivi svilupperà su due binari. Da un lato gli Exercises militaires, tredici
stampe pubblicate, postume, nel 1635, che costituivano, in una certa misura, una ripresa su
una scala ridotta e semplificata, ma, per un altro verso, anche un completamento del celebre
manuale pubblicato ad Amsterdam nel 1607 sotto il nome dell’incisore Jacob de Gheyn e
con un titolo che nella versione italiana suona Esercizio delle armi per archibugi, moschetti e
picche, in quanto aggiungevano a queste ultime armi il cannone e l’alabarda e raffiguravano
anche l’addestramento senza armi e con il tamburo.
Dall’altro la serie delle cosiddette piccole (un aggettivo, quest’ultimo, che si riferisce al
formato) Miseres de la guerre, sei acqueforti pubblicate postume nel 1636 da Israel Henriet
2 Ivi, p. 437.
3 Le collezioni d’arte della Cassa di risparmio in Bologna. Le incisioni, i, Giuseppe Maria Mitelli, a cura di
Franca Varignana, Bologna, Cassa di risparmio in Bologna, 1978, tavola 150. Un’altra interessante incur-
sione di Mitelli nel mondo bellico è offerta dalla tavola 143, che è datata 1692, è intitolata Frutti di guerra ed
è illustrata dalla vignetta: «Europa è in fuoco e fiamma, vengan malanni a chi la guerra brama». Ma in questo
caso il ‘pacifista’ Mitelli si muove ancora, nonostante il titolo e la morale ‘ecumenici’, all’interno del mondo
militare: i «malanni» riguardano cinque veterani di cinque diversi eserciti, che sono usciti dalla guerra più o
meno malconci (il soldato ha perso una gamba, l’alfiere ha la testa rotta ecc.)