Page 32 - L'Italia in Guerra. Il sesto anno 1945 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1945-1995)
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L'ULTIMA  FASE  DELLA  GUERRA IN  ITALIA                           31


                    Come forza e struttura essi equivalevano alle divisioni binarie del Regio
               Esercito: 9500 uomini e 5 gruppi di artiglieria ciascuno. Vi erano rappre-
               sentate un po' tutte le specialità dell'Esercito Italiano:  fanti,  alpini,  para-
               cadutisti della "Nembo", marinai del "San Marco", bersaglieri. Abbando-
               nato il grigio  verde,  vestivano le  uniformi  kaki  e gli  elmetti  piatti degli
               inglesi. Anche l'armamento era esclusivamente britannico: fucili  Enfield,
               mitra Thompson,  mitragliatori  Bren,  lanciabombe Piat,  mortai da  50 e
               da  76,  cingolette  da  ricognizione;  le  artiglierie,  del  resto  ottime,  erano
               1'88/27 da campagna, gli anticarro da  57 e da  76, i contraerei da 40. Le
               unità erano inoltre quasi completamente motorizzate. Questi gruppi non
               rappresentavano l'intero  sforzo  possibile  del  "Regno  del  Sud",  ma  solo
               quanto gli alleati avevano autorizzato a costituire, spinti soprattutto dalla
               carenza di forze.  La  promessa fatta a Quebec nel  1943 che il trattamento
               dell'Italia sarebbe stato commisurato alla entità del suo sforzo bellico con-
               tro i tedeschi permaneva solamente sulla carta; la  realtà era ben diversa.
                    Non si  voleva  che  l'Italia,  detenendo  un  ruolo  troppo  importante,
               scivolasse  dalla  "cobelligeranza"  alla  "alleanza".  Già gli  alleati,  come è
               noto, nel periodo 1943-44 avevano ammesso la costituzione di piccoli re-
               parti, il  1°  Raggruppamento Motorizzato  ed il  C.I.L.  (Corpo Italiano  di
               Liberazione), i quali del resto avevano ottimamente figurato ma molte erano
               ancora rimaste le remore quando si costituirono i cinque gruppi di com-
               battimento. Innanzi tutto non ne fu  permesso un impiego unitario in un
               C.A. puramente italiano, ma furono distribuiti nei vari C.A. alleati; ebbe-
               ro inoltre compiti duri e sanguinosi, ma mai vennero posti in condizione
               di  cogliere  il  frutto  del  successo.
                    I rapporti tra questi "gruppi" e gli alleati erano talvolta ottimi, altre
               volte mediocri; molto dipendeva dai B.L.U.  (British Liaison Unities), or-
               gani formalmente di  collegamento,  ma in realtà di  controllo.  Comunque
               la presenza in linea dei gruppi italiani, non rappresentò solo un puro con-
               corso di forze, ma fu il coronamento degli sforzi dei vertici politici e mili-
               tari  della  nuova  Italia.
                    Una volta effettuate le modifiche nello schieramento delle truppe per
               la pausa invernale, nelle retrovie ebbe inizio un addestramento intensivo
               per la futura offensiva. Le formazioni corazzate ebbero in dotazione nuo-
               vi carri armati. Sul lago Trasimeno venne istituito un centro di addestra-
               mento formato dalla 9a  brigata corazzata al comando del generale R.B.B.
               Cooke.  Lo  scopo principale era quello  di  familiarizzare  la  fanteria  con i








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