Page 158 - I 100 anni dell'elmetto italiano 1915-2015 - Storia del copricapo nazionale da combattimento
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158 I 100 ANNI DELL’ELMETTO ITALIANO 1915 - 2015
Vari portapenna del tipo a tunnel saldato (collezioni Schiavilla e dell’Autore)
Infine il supporto dei bersaglieri era più complesso dei precedenti, anche per il carico mag-
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giore, che doveva sostenere. Il piumaggio d’ordinanza pesava qualche decina di grammi, ma
molto spesso per puro vezzo taluni bersaglieri – soprattutto gli ufficiali – erano soliti comprare
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una quantità di piume più abbondante. Si è già avuto modo di illustrare il precedente supporto
per il vecchio tipo di elmetto, la cui normativa risaliva al 1927. Il nuovo supporto era più tec-
nologico, visto il perdurante divieto di evitare forature o saldature accessorie. La parte metal-
lica del nuovo portapiume era formata da due parti piatte, unite con una cerniera che regolava
l’ampiezza angolare delle due componenti. Una di queste (lunga 95 mm) si infilava nel bordo
inferiore della calotta (di regola sul lato destro) e si agganciava con due uncini allo scheletro
della cuffia. Fermato così il primo pezzo, l’altra parte (lunga 128 e larga 21 mm) si ripiegava
aderente alla superficie esterna della calotta, tanto da divenire parallela alla prima. Le due parti
venivano fermate nell’estremità inferiore sporgente, tramite un dado cilindrico, che chiudeva
una vite passante per le due componenti. Nella parte esterna poi il supporto era fornito, tramite
un fissaggio di stoffa grigio-verde, di un alloggiamento tubolare in cuoio. Esso era guarnito
di bottoncino per l’aggancio e il fermo dell’asola del piumetto, il cui gambo si inseriva al suo
interno. In sostituzione di questo supporto, anche se non regolamentare, furono approntati sup-
porti fissi con saldature o alloggiamenti mobili da appendere all’elmetto. Al pari di quanto fatto
dagli alpini, questi metodi bersagliereschi alternativi furono figli del periodo bellico, quando i
supporti forniti dall’Arsenale di Torino arrivavano con difficoltà ai reparti interessati. Di massi-
ma tali accomodamenti artigianali sarebbero risultati irregolari, perché – come si ricorderà – le
disposizioni ministeriali sin dal 1934 avevano vietato qualsiasi distintivo, fregio o accessorio
che avesse perforato o saldato la calotta, minando così la compattezza balistica dell’acciaio. 236
234 Circolare n. 9 del 1°/1/1939 del Giornale Militare.
235 R. Trye, op. cit., p. 96.
236 A. Viotti, Uniformi e distintivi dell’Esercito italiano nella Seconda guerra mondiale, op. cit., pp. 206-208.

