Page 161 - I 100 anni dell'elmetto italiano 1915-2015 - Storia del copricapo nazionale da combattimento
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ANNI TRENTA 161
I fregi del nuovo tipo
Si è visto che a partire dalla Vittoria della Grande Guerra, utilizzando l’elmetto quasi esclu-
sivamente per ragioni di rappresentanza, si allargò a macchia d’olio l’uso di fregi non solo
appariscenti, ma che implicitamente menomavano la già scarsa resistenza della calotta, di cui
si perforava la parte anteriore. Una volta introdotto però il nuovo modello 31, di concezione
balistica rivoluzionaria, si tornò alle origini. Pertanto nel giugno del 1934 venne disposto:
«Allo scopo di non menomare con fori o saldature l’efficacia protettiva dell’elmetto, il
Ministero ha adottato un nuovo tipo di fregio a vernice da dipingersi mediante apposite maschere.
Per le stesse ragioni è fatto divieto di applicare sugli elmetti stessi mediante perforazione o
saldatura distintivi di qualsiasi specie. Per i generali ed i colonnelli, per i quali è previsto l’uso
del pennacchio bianco d’airone, verrà disposto l’approntamento di un certo quantitativo di
elmetti da parata». 237
L’informazione è molto importante, perché rivoluzionò quindici anni di adattamento dell’el-
metto al fregio e non viceversa. La ragione di questa circolare probabilmente è da ricercare
nella confusione che aveva ingenerato l’adozione dei nuovi fregi per copricapo, introdotti poco
prima. Nel giugno del 1934 è da ritenere che ci si rivolgesse in prima battuta agli ufficiali, se
si considera che i fregi a vernice erano stati – apparentemente in sordina – già menzionati al
paragrafo B – Fregi per elmetti, da sottufficiale e da truppa della circolare 678 del 7 dicembre
1933. Questa così disponeva:
«Sugli elmetti di nuovo tipo [modello 31] e su quelli di vecchio tipo non provvisti di fori
per l’applicazione del fregio metallico, i fregi sono stampigliati e riproducono le caratteristiche
degli altri fregi per copricapi.
Per gli elmetti di vecchio tipo, già provvisti dei fori per l’applicazione del fregio metallico, i
fregi sono identici di foggia e dimensioni a quelli descritti alla precedente lettera A) [cioè fregi
simili a quelli del 1925, ma con dimensioni leggermente diverse].
Per le sottonotate specialità, non comprese nella predetta lettera A), perché provviste di
cappello alpino o di elmo da cavalleria, il frego degli elmetti, in metallo o stampigliato è il
seguente».
Si procedeva quindi alla descrizione dei fregi per gli alpini, reggimenti di cavalleria, arti-
glieria da montagna, reparti someggiati e carrellati di artiglieria da campagna. Sembrava così
tutto chiaro, ma la rivoluzione in atto ad opera del solerte sottosegretario alla Guerra, generale
Federico Baistrocchi, doveva mietere le sue vittime. Avendo descritto i fregi da elmetto in modo
indiretto, rimandando i dettagli a quanto normato per i berretti, si ingenerò solo confusione.
Quindi, ancor prima di dover precisare nel giugno del 1934 che era comunque vietato continua-
re a bucare gli elmetti, il 1° marzo 1934 uscì sul Giornale Militare la circolare n. 175, che andò
a presentare in modo inequivocabile 51 tavole di fregi e numeri – da verniciare in nero a ma-
scherina – per il nuovo tipo (o per quelli del vecchio ancora non bucati): sia quelli tradizionali
spesso modificati per esigenze pratiche, sia altri di fresca introduzione, che continueranno poi a
fiorire fino alla successiva guerra mondiale.
In via teorica sarebbe stato possibile l’incollaggio dei fregi o la saldatura a stagno a tempe-
rature basse, ma tali possibilità non vennero prese in considerazione. In questo modo l’unica
237 Foglio d’ordini del Gabinetto del ministero della Guerra, n. 111, dispensa 7ª dell’11/6/1934: Elmetto metallico
nuovo tipo (Direzione generale d’artiglieria).

