Page 185 - I 100 anni dell'elmetto italiano 1915-2015 - Storia del copricapo nazionale da combattimento
P. 185

ANNI TRENTA                                          185


                                             Corpo Truppe Volontarie


                   Durante la guerra d’Etiopia, come in generale nel corso dell’intera parabola italiana in Afri-
               ca orientale, non si ha notizia di utilizzo di copricapi metallici. In colonia era in uso corrente
               invece il cosiddetto elmetto coloniale, un copricapo di sughero e tela, di colore kaki o bianco.
               Non vi sono testimonianze fotografie che quello metallico fosse usato in A.O.I., né nel biennio
               1935-36, né durante il successivo conflitto mondiale. Probabilmente l’ambiente equatoriale ne
               sconsigliò l’uso, al pari poi dell’impossibilità di equipaggiarne i reparti, una volta dichiarata
               guerra all’Impero britannico nel giugno del 1940.

                   Se ne fece invece un grande uso durante la guerra civile spagnola, a cui l’Italia partecipò
               con un nutrito contingente interforze. Le truppe di terra, inquadrate nel Corpo Truppe Volonta-
               rie (CTV) fu di massima equipaggiato con un frammisto di dotazioni di vecchio e nuovo tipo.
               Dalle fotografie si può verificare che, come per i militari della Grande Guerra, anche quelli in
               Spagna usarono promiscuamente sia il modello 15, che quello 16, alla bisogna apponendovi
               fregi sia a vernice che metallici, bucando le calotte. Come annotano Ales-Viotti, nel loro lavoro
               sul contributo italiano al conflitto iberico, l’Adrian venne sostituito nel secondo semestre del
               1938 dal modello 33, «anche se risulta che numerosi ufficiali lo avessero in dotazione già prima
               della battaglia di Guadalajara combattuta nel marzo 1937».  Contestualmente viene segnala-
                                                                        256
               to come, nonostante il divieto a non apporvi alcun fregio d’arma, tale prescrizione rimanesse
               lettera morta: «in quasi tutti i reparti gli ufficiali vi fecero dipingere fasci littori, fregi d’arma
               simili a quelli portati in patria, teschi ed altri distintivi oltre alle stellette distintive [a sei od otto
               punte] del grado», sul modello locale. Risulta solo per il corpo di amministrazione l’utilizzo di
                                                         257
               un fregio in rilievo di derivazione spagnola. Altro disordine uniformologico, degno dei volon-
               tari, fu l’anarchica tinteggiatura degli elmetti: «sembra che i reparti si comportassero come più
               gli pareva causando notevoli discordanze cromatiche; a questo proposito il comando del C.T.V.
               dovette intervenire emanando la circolare del 20 aprile 1937 […] in cui si affermava che “la tin-
               teggiatura degli elmetti non è uniforme ma bensì di colori vari e varie tonalità. Sia provveduto
               ad uniformarli. L’Intendenza provveda la tinta che deve essere grigio-verde ed unica per tutti i
               corpi, che nell’uso non devono alterarla”». Autorizzato e quindi diffuso senza ulteriori riserve
               l’uso del piumetto per i bersaglieri. 258




















                  Differenti modelli e fregi (di reparto e di grado) per le unità del Corpo truppe volontarie in Spagna
                                                   (collezione dell’Autore)


               256 S. Ales-A. Viotti, Le uniformi del Corpo Truppe Volontarie Italiane in Spagna, op. cit., pp. 45.
               257 Ibidem, pp. 46, 176; E. Chiappa, op. cit., pp. 58, 91.
               258 S. Ales-A. Viotti, Le uniformi del Corpo Truppe Volontarie Italiane in Spagna, op. cit., pp. 46.
   180   181   182   183   184   185   186   187   188   189   190