Page 188 - I 100 anni dell'elmetto italiano 1915-2015 - Storia del copricapo nazionale da combattimento
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188                            I 100 ANNI DELL’ELMETTO ITALIANO 1915 - 2015



                                             Da parata e  sperimentali


                  Nel corso degli anni Trenta era ancora il tempo per riviste e parate in grande stile, su cui il
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               Regime faceva molto affidamento.  L’uso del copricapo metallico non poteva dunque dimi-
               nuire in queste circostanze, dove lo scintillio delle medaglie veniva accresciuto dalla lama ar-
               gentata della sciabola alla cintola e dall’appariscente elmetto, che ricordava ancora le glorie del
               Carso e degli Altopiani. Di fronte a questa narcisistica esibizione è interessante però notare che
               non tutti – ufficiali compresi – amavano sfoggiare il copricapo più tipico della recente tradizio-
               ne bellica. Nel marzo del 1937 ci sono due testimonianze molto significative sulla disaffezione
               quotidiana che i militari riponevano sull’inevitabile scomodità (e forse inutilità) dell’elmetto,
               se portato al di fuori di un teatro operativo.
                  Fu dunque il generale Pariani, allora sottosegretario di Stato alla Guerra, in attesa del nuovo
               regolamento sull’uniforme, «il quale non conterrà che semplificazioni», a confermare con un
               certo piglio l’uso del copricapo metallico con l’uniforme di marcia: «nelle cerimonie sempre
               elmetto; nelle istruzioni, esercitazioni, manovre e riunione di carattere addestrativo berretto a
                                                                         261
               busta, ove non sia prescritto l’elmetto con apposito ordine».  Di simile tenore fu la volta  poi
               del generale Ubaldo Soddu, comandante all’epoca della divisione Granatieri di Sardegna. Il
               futuro segretario di Stato alla Guerra e sottocapo di Stato Maggiore dell’Esercito e Generale  re-
               gistrò qualche inadempienza in proposito; quindi precisò di nuovo che gli ufficiali, partecipanti
               a cerimonie funebri, «siano oppure no comandati in rappresentanza o sotto le armi, devono
               indossare l’uniforme di marcia con elmetto». 262
                  Le sonore strigliate di questi due importanti comandanti ci fanno capire che, se l’elmetto
               era stato negli anni accettato per necessità al fronte, perché salvava in fondo la vita, non era lo
               stesso in occasione di picchetti, solennità o esequie. Per questi motivi, al pari delle versioni del
               decennio precedente, anche negli anni Trenta vennero studiate e prodotte varianti più leggere
               dei copricapi metallici. Per lo più gestito dall’Unione Militare, iniziò – al pari di quelli regola-
               mentari – uno smercio non indifferente di elmetti detti da parata. In alluminio, cartone pressato
               o cuoio bollito, questi riproducevano fedelmente i modelli 31 e 33, ma con le imbottiture che,
               pur riprendendo il tipo ufficiale, erano confezionate in panno o in seta. Diversi erano i metodi
               di fissaggio, in prevalenza sottili graffe e lamierini ondulati. Di massima il peso complessivo
               non superava i 200 grammi ed era di sicuro un bel sollievo per coloro che avrebbero dovuto
               portarli fermi, magari sotto al sole. Essi erano di solito usati dagli alti ufficiali. Questi per età o
               pigrizia erano poco inclini al peso dell’elmo d’acciaio, oltre al fatto di risultare più impegnati
               per protocollo in occasioni dove doverlo usare. Tali modelli erano tra l’altro congeniali ai detti
               comandanti per l’applicazione dell’ormai tradizionale nappina con tulipa porta-aigrette. Come
               si è accennato, essa veniva posta sul bordo laterale sinistro, dove vi erano due piccoli fori per il
               passaggio delle viti, fissate internamente con altrettante rondelle.
                  Le differenti varianti, in materiali e rifiniture, dipendevano dal costo dei singoli pezzi, che
               erano ovviamente a carico dell’ufficiale utilizzatore. In proposito, anche dopo l’introduzione
               del modello 33, molti ufficiali continuarono ad utilizzare il precedente 31 alleggerito, per puro



               260 Si veda Ministero della Guerra, Regolamento per le riviste e parate, Istituto poligrafico dello Stato, Roma
                   1930, p. 4 dove si lascia all’occorrenza la scelta dell’uniforme (grande o di marcia), anche se in tali circostanze
                   in modo implicito con esse è sempre d’obbligo l’elmetto.
               261 ACS, Min. dell’Aeronautica, Gabinetto, 1937, b. 27, f. Uso dell’uniforme, circolare 12510 del 2/3/1937 di
                   Pariani.
               262 Ibidem, circolare 1769/31 del 29/3/1937 di Soddu.
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