Page 209 - I 100 anni dell'elmetto italiano 1915-2015 - Storia del copricapo nazionale da combattimento
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SECONDA GUERRA MONDIALE 209
La produzione bellica degli elmetti
differenza della Grande Guerra, quando era stato istituito il sottosegretariato (poi mi-
nistero) delle Armi e Munizioni, durante il Secondo conflitto mondiale la produzione
A bellica sarebbe stata d’appannaggio dei singoli dicasteri militari, senza una strategia
complessiva. Vi fu in sostanza grande confusione su ciò che serviva, su ciò che si era in grado
di produrre e su ciò che infine usciva in realtà dalle fabbriche. Il precedente Commissariato
generale per le fabbricazioni di guerra era divenuto sottosegretariato per le Fabbricazioni di
Guerra, affidato al generale Carlo Favagrossa. Questi, nell’impossibilità di sovraintendere per-
sonalmente all’opera di produzione e collaudo dei materiali, rappresentò le anomalie del siste-
ma a Mussolini, che però non ritenne di provvedere in proposito. L’Italia, secondo il successore
di Dallolio, sarebbe potuta entrare in guerra non prima dell’autunno del 1942, non certo nella
primavera del 1940. Infine, solo nel febbraio del 1943 sarebbe stato costituito il nuovo mi-
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nistero della Produzione bellica, quando ormai l’incompetenza, i ritardi e le ruberie avevano
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incrinato ancora di più l’esito finale della guerra. L’obiettivo di tale provvedimento fu quello
di unificare e armonizzare le risorse, perseguendo il passaggio delle competenze industriali dai
ministeri militari al neonato soggetto. Nella normativa devolutiva gli elmetti vennero citati
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esplicitamente solo tra le competenze trasferite dal ministero della Marina, anche se rientrarono
implicitamente in altre categorie, meno circostanziate, degli altri due dicasteri militari. 307
Interessante notare, a quel punto, che le materie prime al 1° luglio 1943, quando si volle
mettere fine alla guerra, erano notevolmente maggiori del 1° settembre 1939. Nello specifico,
alla vigilia della caduta del fascismo, l’acciaio disponibile in Italia era il quadruplo di quello
utilizzabile all’inizio della guerra europea. 308
Del resto la carenza di materie prime, già elemento costante dell’economia nazionale italiana
nella seconda metà degli anni Trenta, si acutizzò con l’evoluzione della crisi internazionale, se-
guente alle forzature tedesche nei confronti dell’Austria, dei Sudeti e di Danzica, che sarebbero
sfociate nelle ostilità mondiali. Nell’agosto del 1939, nel bel mezzo dell’escalation nazi-so-
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vietica, erano in distribuzione soltanto 1.039.270 elmetti modello 33. La produzione sarebbe
proseguita a singhiozzo durante tutta la guerra, fino ad arrivare a un ordinativo di 2 milioni e
mezzo, a cui si aggiunsero i modelli da paracadutista modello 41 e 42, oltre al recupero ancora
fino al 1943 dei vecchi modelli Adrian. 310
Torniamo però agli effetti del Patto Ribbentrop-Molotov, per comprendere quali furono le
opportunità, le scelte e gli eventuali errori compiuti dall’Italia nella produzione nazionale de-
gli elmetti. Un fatto subito indicativo fu la perdurante amicizia verso la Finlandia, aggredita
304 C. Favagrossa, Perché perdemmo la guerra, Rizzoli, Milano 1946.
305 Minproguerra-R.D. 6 febbraio 1943, n. 24 e 12 febbraio 1943, n. 25; S. Cosci (a cura di), Defence Procure-
ment. The Italian Way, SGD/DNA-Aviator Edizioni, Terni 2013, p. 198.
306 F. Botti, La Logistica dell’Esercito italiano (1831-1981). Volume IV. Dalla guerra integrale alla guerra nucle-
are (1940-1981). Tomo I. La Logistica nella Seconda guerra mondiale (1940-1943), USSME, Roma 1995, pp.
157-158.
307 Ibidem, pp. 158-159.
308 Ibidem, p. 189.
309 Ibidem, pp. 76-77.
310 N. Pignato, Armi della fanteria italiana nella Seconda guerra mondiale, Ermanno Albertelli editore, Parma
1978, p. 11.

