Page 204 - I 100 anni dell'elmetto italiano 1915-2015 - Storia del copricapo nazionale da combattimento
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204 I 100 ANNI DELL’ELMETTO ITALIANO 1915 - 2015
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ruolo e dalla funzione dell’aviatore. Micozzi non risparmiò una certa enfasi nel presentare i
suoi risultati come pionieristici sia in Italia che all’estero, nonostante l’idea già sorta durante la
Grande Guerra di creare una valida protezione dell’aviatore.
Il primo prototipo, destinato alla difesa dai proiettili di mitragliatrice, doveva essere compo-
sto di: 3 calotte di acciaio da 4 mm saldate tra loro ai bordi in maniera da formare due camere
d’aria nelle quali alloggiare sfere di acciaio da 4 mm; una maschera per la protezione della
faccia, da fissarsi quando occorre al casco; una fascia sottogola elastica a chiusura rapida, per
il parziale fissaggio del casco al capo della persona; infine l’apparecchio sostenitore del casco,
costituito da due parallelogrammi articolati e bilanciati da molle, tanto da consentire libertà di
movimento alla persona, nell’ambito della cabina o torretta. Il congegno molto articolato nella
sua complessità era di circa 10 kg. 294
Il secondo prototipo invece era previsto per contenere al suo interno, in modo regolabile, il
normale casco leggero di dotazione. L’apparecchio sostenitore era costruito con molle molto
elastiche, che avrebbero permesso al casco corazzato di eseguire movimenti con il capo, inte-
grati da due tiranti con comando al piede della persona. Secondo Micozzi il manufatto somma-
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va in sé la praticità nei movimenti, la semplicità, la leggerezza e l’economicità di produzione.
Tuttavia il progetto ebbe ben pochi estimatori nella filiera di comando dell’Aeronautica.
Interessato infatti in proposito lo Stato Maggiore di Forza Armata, questo espresse parere
sfavorevole alle proposte inoltrate. Rinviando il problema alla necessità di studiare delle blin-
dature direttamente delle carlinghe degli aeromobili, il vertice tecnico dell’Aeronautica senten-
ziò: «il casco per l’aviatore non ha lo stesso valore che per il fante». 296
Nel frattempo il solerte Lala proseguì i suoi studi, che arrivarono a un binario morto nella
primavera del 1939. Come ebbe modo di ribadire in un ennesimo promemoria, il suo raggio
d’azione aveva ormai abbandonato una blindatura pesante, troppo onerosa per la testa del mal-
capitato utilizzatore; ci si doveva indirizzare invece di preferenza verso «altra direzione, allo
scopo di ottenere un arresto o una frenatura energica della pallottola, ed ha cercato di applicare
il principio dello smorzamento progressivo, tentando di ripartire la energia di impatto della pal-
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lottola nella maggiore superficie possibile». Senza entrare in complicati ragionamenti tecnici,
è sufficiente aggiungere quindi che in quei mesi, non potendo arrivare a un omologo elmetto
aereo o casco metallico da combattimento, i risultati portarono alla progettazione di un nuovo
casco da volo, che quindi non rientra nella presente analisi. Curioso però annotare il metodo
sperimentale adottato, per verificarne l’adeguatezza: «Una riprova dell’efficacia del sistema
si è avuta facendo indossare ad un aviere il casco e colpendolo con un colpo di bastone. Non
essendo accusata nessuna reazione si è giunti fino a colpi estremamente energici senza insop-
portabilità da parte del portatore del casco»! 298
Dovendo partire per la campagna d’Albania, Lala si congedò dal progetto iniziale con un
auspicio che qualcuno ereditasse i suoi progrediti studi, visto che in un esperimento con un
prototipo era comunque «stata arrestata una pallottola di mitra pesante cal. 12,7, alla distanza di
293 Ivi, promemoria del 27/5/1938 di Micozzi.
294 Ivi, relazione al Casco corazzato Mod. M. del 10/7/1937 di Micozzi.
295 Ivi, relazione al Casco corazzato Mod. M. Tipo 2 del Dicembre 1937 di Micozzi.
296 Ivi, foglio 32503 del 9/6/1938 dell’Ufficio di Stato Maggiore della Regia Aeronautica.
297 ACS, Min. dell’Aeronautica, Gabinetto, 1939, b. 23, f. Casco di protezione per il personale navig., promemo-
ria del 29/5/1939 di Lala.
298 Ibidem.

