Page 202 - I 100 anni dell'elmetto italiano 1915-2015 - Storia del copricapo nazionale da combattimento
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202 I 100 ANNI DELL’ELMETTO ITALIANO 1915 - 2015
Nella progettazione di questo esemplare, l’ufficiale non dimenticò di prendere in conside-
razione le necessità operative. Ritenne opportuno prolungare la calotta lateralmente, per la si-
stemazione degli auricolari, così da «costituire due appendici laterali con un foro di diametro
superiore a quello dell’auricolare, che, se munito di due dischi, uno esterno ed uno interno che
abbracciano il foro, avrebbe possibilità di giuoco tale da ottenere l’adattamento alle orecchie,
che non in tutti gli individui trovansi nello stesso punto». 286
L’attenzione poi venne concentrata sul terzo proposito espresso, ossia quello di realizzare un
casco da combattimento. Chiarì subito il grande onere insito in questo progetto, dovendo prov-
vedere a sviluppare numerosi esperimenti, finalizzati a resistere «a proiettili di mitragliatrice
del calibro di mm.13,2 e con velocità iniziale di 600 m/s, tirati, presumibilmente, a distanza non
inferiore ai m.100». Nonostante le grandi difficoltà Lala si rivelò fiducioso, perché convinto
287
che riuscendo in questo intento, si avrebbe avuto il vantaggio di poter garantire al personale di
bordo una sicurezza pari a una completa blindatura delle parti superiori dell’apparecchio. Nel
tentativo invece di rendere pratico e meno invasivo possibile il copricapo corazzato, ritenne di
rivolgere la sua attenzione verso «una maglia in acciaio cementato, di conveniente spessore e
peso, che possa essere adagiata sul casco da volo, al momento del combattimento e limitata-
mente alla durata di esso». 288
Insieme a questa sua relazione, presentò due campioni di caschi protettivi realizzati. Entram-
bi per peso o per rifiniture risultavano degli abbozzi più che dei prototipi veri e propri. Proprio
partendo dalla rozzezza dei primordiali risultati ottenuti, Lala propose di autorizzare:
- la costruzione di 10 caschi con calotta da mm. 0,3. In questo modo si sarebbe potuto sia
allestire un esperimento per il personale nell’ambiente ristretto degli apparecchi chiusi in
presenza di numerose sporgenze metalliche, sia ipotizzare un utilizzo per scopi di parata e
rappresentanza;
- la costruzione di 10 caschi con calotta in acciaio temperato e nervatura da mm. 0,5. In que-
sto modo si sarebbe potuto allestire un esperimento per il personale adibito agli apparecchi
aperti quale tipo di protezione, in sostituzione del tipo Saratti, ormai fuori produzione e uti-
lizzo;
- infine, lo studio per tentare una copertura del casco di protezione, che sia contemporanea-
mente imperforabile ai proiettili, facile ad indossare e togliersi, di peso tollerabile (meno di
un kg) e che non crei disturbi psicofisici al pilota o intralcio alla sua concentrazione e movi-
mento in fase di volo.
Venuto a conoscenza del progetto, il generale Valle, ministro dell’Aeronautica, espresse
parere favorevole al progetto. Più nello specifico, giudicando la problematica espressa come
attuale, mostrò la sua attenzione sulle funzioni di protezione dagli urti e sulla possibile ulte-
riore copertura contro le schegge o i colpi di mitragliatrice. Diede quindi incarico all’ufficiale
proponente, mettendo un tetto massimo di spesa di 1.500 lire e richiedendo in tempi brevi una
relazione su quanto realizzato, non prima delle necessarie valutazioni del 3° Centro Sperimen-
tale e dello Stato Maggiore. 289
286 Ibidem.
287 Ibidem.
288 Ibidem.
289 ACS, Min. dell’Aeronautica, Gabinetto, 1937, b. 18, f. Casco di protezione personale navigante, foglio 34279
del 24/6/1937 di Valle.

